Mercoledì 15 Gennaio 2025
PIETRO DEGLIANTONI
Magazine

Irene Papas-Penelope e la stagione dei teleromanzi: quando la tv faceva cultura

Addio all’attrice protagonista dell’Odissea trasmessa dalla Rai nel ’68. Era l’epoca dei grandi sceneggiati tratti da grandi opere letterarie, per ogni puntata venti milioni di spettatori

Irene Papas-Penelope nello sceneggiato Rai tratto dall’Odissea nel ’68

Irene Papas rimarrà per sempre nell’immaginario collettivo degli italiani (di una certa età, vabbe’) come la Penelope televisiva dello sceneggiato – o teleromanzo – L’Odissea, 1968. Con i suoi lineamenti mediterranei così accentuati incarnava a meraviglia il prototipo della forza tranquilla della donna fedele che aspetta sull’isola il suo uomo tenendo a bada la torma di pretendenti con la fermezza e l’astuzia della Rai didattica, la Rai di Bernabei, che voleva educare gli italiani divertendoli. Oggi nessuno potrebbe immaginare di affidare l’introduzione di una serie televisiva a un poeta – un poeta, addirittura! Allora la breve apparizione di Giuseppe Ungaretti ammaliava gli spettatori col fascino di una cultura antica eppure avvicinabile.

Era l’epoca dei grandi sceneggiati tratti da grandi opere letterarie: Il mulino del Po , naturalmente I Promessi Sposi, Ivanhoe, Piccole donne, Cime tempestose, Jane Eyre, Orgoglio e pregiudizio, Capitan Fracassa Delitto e castigo, Le anime morte, Mastro Don Gesualdo, Canne al vento, La cittadella, L’isola del tesoro, L’idiota, I fratelli Karamazov, E le stelle stanno a guardare... La Rai allora aveva la missione di avvicinare la cultura a un popolo che, sebbene meno analfabeta, era ancora per grande parte illetterato (le cose oggi sono cambiate? mah).

La forzata condizione di un unico canale – in bianco e nero – obbligava gli spettatori a una sorta di lezione collettiva, la maestra Rai insegnava non soltanto a compitare l’abbecedario col maestro Manzi (Non è mai troppo tardi) ma divulgava cultura trasformandola in uno spettacolo a cui gli italiani assistevano con meravigliata soggezione.

Erano gli attori nostrani le grandi star dell’epoca, la cui popolarità era sconfinata – ogni puntata veniva seguita da più di venti milioni di spettatori, ascolti oggi inimmaginabili. Erano i Brad Pitt e le Angelina Jolie dell’epoca, di cui era inevitabile innamorarsi. Irene Papas appunto, diretta in quell’Odissea da Franco Rossi con Piero Schivazappa e Mario Bava (effetti speciali firmati da Bava con Carlo Rambaldi). E oltre la Papas, Alberto Lupo, Giorgio Albertazzi, Arnoldo Foà, Paolo Stoppa, Luigi Vannucchi, Renzo Palmer, Tino Buazzelli, Lea Padovani, Massimo Girotti, Corrado Pani, Aroldo Tieri, Raf Vallone, Ilaria Occhini, Sylva Koscina, Enrico Maria Salerno, Virna Lisi, Monica Vitti, Paolo Ferrari, Sergio Fantoni, Loretta Goggi, Gino Cervi, Amedeo Nazzari, Ubaldo Lay, Paola Pitagora e tanti altri, una galleria di volti indimenticabili che univano talento (quasi tutti venivano dal teatro) e fascino. Ognuno dei quali provoca a chi ha vissuto quell’epoca, nel leggerne il nome, un piccolo sobbalzo del cuore.

Allora la Rai non doveva combattere con la feroce dittatura degli annunci commerciali: nella sua magnifica e onnipotente dittatura poteva permettersi di ammannire agli spettatori la versione semplificata dei più importanti capolavori della letteratura mondiale, così come a scuola si va non per scelta ma per obbligo. Una Rai che sicuramente ha svolto una fondamentale funzione didattica ma anche, come spesso ricordava Mike Bongiorno, è servita da attaccatutto di un’Italia ancora frammentata: Alberto Lupo era venerato a Palermo come a Venezia, Paola Pitagora era amata a Napoli come a Trieste.

La lingua della televisione sgretolava le cittadelle dei dialetti e unificava, a suo modo, una Nazione che cercava il suo futuro. Irene Papas, quasi cinquant’anni fa, ha preso per mano e ha condotto gli italiani lungo i meandri seducenti di un poema vecchio di millenni con grazia e leggerezza, come si fa coi bambini quando gli si raccontano le favole. Un’altra televisione, un’altra Italia.