Sabato 27 Luglio 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

"Io Carrey, la tragedia di un divo ridicolo"

L’attore si racconta in una biografia tra finzione (poca) e realtà (molta): "Un miliardario depresso che sogna l’Oscar e si ingozza di YouTube"

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di Giovanni Bogani

Jim Carrey. Ma che fine aveva fatto? L’attore faccia di gomma di The Mask, il comico che con Ace Ventura aveva ottenuto un successo planetario. Quello che aveva guadagnato l’ammirazione fra i critici, nel cinema d’autore, con Se mi lasci ti cancello e con The Truman Show. Che fine ha fatto? Ha scritto un libro. Ed è un libro inquietante, delirante, feroce, amarissimo. Bello, anche. Si chiama Ricordi e bugie (La nave di Teseo). Ma andiamo con ordine.

Sono quasi dieci anni che Jim Carrey è quasi scomparso dai radar del cinema. Nel 2017, lo si vedeva con un barbone ingrigito, gli occhi da pazzo, nel documentario Jim & Andy, alla Mostra del cinema di Venezia. Carrey raccontava l’interpretazione che lo aveva quasi fatto uscire di senno: in Man on the Moon, nel 1999, interpretava Andy Kaufman, cabarettista morto di cancro giovanissimo. Jim Carrey si era identificato in modo ossessivo, folle con Andy Kaufman, non si toglieva gli abiti di scena neppure fuori dal set, cominciava a credere di essere la sua reincarnazione. Due anni prima, nel 2015, era arrivata, prepotente, la depressione. La compagna Cathriona White si era tolta la vita con un’overdose di farmaci: lui la aveva lasciata da una settimana. I sensi di colpa, e anche le accuse della famiglia di lei. La depressione, quella dura.

E adesso, esce questo libro. Scritto a quattro mani con Dana Vachon, giornalista del New York Times. Si sono conosciuti su Twitter, e per otto anni si sono rimbalzati, come una palla da tennis, idee, appunti, frasi. Il risultato è questo libro. Un romanzo, non un’autobiografia. Il cui personaggio principale però si chiama Jim Carrey. Un divo che ha perso presa sul pubblico. Che vediamo in uno stato indecoroso, nudo sul letto, "così lontano dalla sua forma fisica migliore che se lo aveste visto da una telecamera di sicurezza lo avreste scambiato per un ostaggio libanese". Un miliardario che si annoia, si deprime, che si ingozza di Youtube e di Netflix. Temendo di scoprire "che aveva smesso di esistere già da tempo".

Ha due rottweiler da difesa come compagnia, pronti a leccarlo a comando; ha un immenso recinto elettrificato, che trasforma la sua villa in una immensa prigione. La sua infanzia e la sua adolescenza sono segnate dalla povertà: storie vere, le umiliazioni subite dal padre, il suo lavoro alla Titan Wheels Factory fuori Toronto. La madre, malata di cancro, sudata e sotto morfina. E nel mezzo, come disegni a pennarello rosso su una fotografia, storie inventate. La relazione con un’attricetta, George DeBusschere, che sposa credendo per un attimo d’aver trovato l’anima gemella.

Compaiono nel romanzo molte celebrità con il loro nome: Gwyneth Paltrow, Sean Penn, Nicolas Cage coinvolti in sedute yoga con improbabili maestri spirituali, e Tommy Lee Jones definito "quella me**a di Harvard fradicia di whiskey". Carrey dice di aver nascosto a tutti i suoi colleghi il fatto che li avrebbe citati. E, solo all’indomani dell’uscita del libro, di aver mandato loro il libro con una lettera per ciascuno: chissà se è bastata.

Fanno tutti più o meno la figura degli idioti, tranne Philip Seymour Hoffman e Heath Ledger, rispettati come dei grandissimi, morti giovani entrambi. Ma è, in realtà, tutta Hollywood a sembrare un mondo di carta velina, costruito sul niente, senza princìpi, senza morale, senza serenità, dove tutti i soldi del mondo non riescono a dare, a nessuno, un po’ di stabilità mentale.

Charlie Kaufman, lo sceneggiatore di Se mi lasci ti cancello, propone a Carrey una folle biografia di Mao Zedong, visto come il carnefice del popolo cinese. Carrey ci prende gusto. "Si vede a una futura cerimonia degli Oscar con indosso un elegante smoking Armani". Mica pensa ad altro. Vincere l’Oscar. E non sono migliori di lui i suoi colleghi, colti in una passerella felliniana, surreale e impietosa.

Per questo il libro di Jim Carrey fa paura. Perché tutti sembrano girare a vuoto, senza un centro di gravità permanente, o almeno provvisorio. A un certo punto, Carrey parla di sé come di una celebrità che "moriva dalla voglia di credere. In qualsiasi cosa fosse un po’ più gentile del caos". E la sensazione è che, dopo trecento pagine, questa cosa Carrey – l’ex nuovo Jerry Lewis tutto smorfie e gag come in Scemo & + scemo – non l’abbia ancora trovata.