Gli scienziati di tutto il mondo esperti in IA sono di certo già al lavoro per ovviare al problema, ma da un certo punto di vista è una buona notizia per il genere umano: un nuovo studio condotto da un team di ricercatori di psicologia e scienza dei dati ha infatti concluso che all’intelligenza artificiale manca ancora il buonsenso e la capacità di interpretare le diverse situazioni che hanno invece congenitamente i neonati.
Test con neonati di 11 mesi
Pubblicato non a caso sulla rivista scientifica Cognition, lo studio ha evidenziato alcune differenze fondamentali tra cognizione e calcolo che giocano a svantaggio dell’IA, alla quale manca la flessibilità nel riconoscere i diversi contesti e situazioni che guidano il comportamento umano.
Per arrivare alla suddetta conclusione, i ricercatori hanno condotto una serie di test con neonati di 11 mesi, confrontando le loro reazioni con quelle fornite da modelli di intelligenza artificiale. In particolare, ai bambini sono stati mostrati una serie di video di semplici forme animate che si muovevano sullo schermo, come in un videogioco, simulando il comportamento umano e il processo decisionale attraverso il recupero di oggetti sullo schermo e altri movimenti. Allo stesso modo, i ricercatori hanno costruito e addestrato modelli di reti neurali artificiali basate sull'apprendimento, verificandone le risposte nei confronti degli stessi video.
L’intuito dei neonati non appartiene (ancora) all’IA
Nel corso dei test gli infanti hanno dimostrato di riconoscere motivazioni simili a quelle umane anche nelle azioni semplificate delle forme animate, mentre i modelli neurali artificiali non sono riusciti a comprendere le motivazioni alla base di tali azioni, rivelando così la mancanza dei principi fondamentali della “psicologia del senso comune”, che i neonati invece possiedono per natura e che permette loro di comprendere intenzioni, obiettivi, preferenze e logiche alla base delle azioni altrui.
"Se l'IA mira a costruire pensatori flessibili e dotati di buon senso come gli adulti umani, allora le macchine dovrebbero attingere alle stesse capacità fondamentali che i neonati possiedono nel rilevare obiettivi e preferenze", ha affermato Brenden Lake, professore assistente presso il Center for Data Science e il Dipartimento di Psicologia della New York University, che ha partecipato allo studio