Che l'Intelligenza Artificiale stia modificando le fondamenta di Hollywood, e più in generale il mercato dell'audiovisivo, in Italia ce ne siamo resi davvero conto solo dopo lo sciopero dei doppiatori, portato avanti per tre settimane tra fine febbraio e inizio marzo. Le motivazioni: un contratto nazionale obsoleto, scaduto da 15 anni e privo dei doverosi aggiornamenti normativi, e la paura di vedersi rubare il lavoro da un algoritmo capace di "campionare e clonare" le voci in modo da farle parlare, in poco tempo, in tutte le lingue del mondo. Ma questa non è l'unica applicazione dell'IA che spaventa le maestranze dell'industria cinematografica.
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La previsione di ChatGPT
Il Guardian ha pensato bene di porre la domanda "Come cambierà il cinema con l'Intelligenza Artificiale?" direttamente a ChatGPT, il chatbot sviluppato da OpenAI che ha conquistato in un attimo l'attenzione di tutto il mondo per la precisione con cui, una volta provvisto dei giusti input, riesce a comporre testi di senso compiuto. ChatGPT ha previsto che l'IA potrà essere utilizzata per: creare sceneggiature inedite, accattivanti e facilmente realizzabili; velocizzare e semplificare le fasi di casting degli attori, location scouting e scrittura degli storyboard; creare effetti visivi ancora più coinvolgenti e realistici degli attuali; analizzare nell'immediato reazioni e preferenze del pubblico, ottimizzare la distribuzione di film e altri contenuti e fornire ulteriori dati agli studios su cui basare future decisioni produttive.
Sceneggiatura e copyright
Un copione redatto interamente ed esclusivamente da un'Intelligenza Artificiale pone, quanto meno, un problema di diritto d'autore. Il Copyright Office degli Stati Uniti è recentemente intervenuto sul tema affermando che, partendo dal presupposto che un'opera è coperta da copyright solo se frutto della "creatività umana", in alcuni casi è possibile fare appello alla protezione dei diritti anche per prodotti in cui l'IA risulta co-autrice. Finché ci sarà una persona a dare il comando all'algoritmo, l'originalità del testo prodotto è salva e con questa la proprietà intellettuale. Secondo Aaron Sorkin, creatore di "The Newsroom" e sceneggiatore tra gli altri di "The Social Network" e "Steve Jobs", il pubblico continuerà comunque a preferire un film realizzato dalle persone. "Un computer non può scrivere da solo 'Tutti gli uomini del presidente' – ha detto durante l'Adobe Summit 2023 – perché la macchina funziona solo dopo che le vengono forniti i copioni di successo da cui copiare".
La decisione del Writers Guild of America
Il sindacato degli sceneggiatori Usa, il Writers Guild of America, ha ufficialmente aperto alla possibilità di farsi aiutare dagli algoritmi nella stesura delle scene. Ben Mankiewicz, conduttore della rete televisiva Turner Classic Movies e nipote di Herman Mankiewicz, co-autore del classico del 1941 "Quarto Potere", ha fatto un esperimento, sempre con l'aiuto di ChatGPT. "Gli ho chiesto di scrivere una possibile introduzione per il film Orson Welles - ha raccontato al Guardian - a parte il fatto che non ha menzionato mio nonno, il testo era fatto piuttosto bene, lo avrei potuto usare come incipit per un mio pezzo".
Attori deepfake
Carrie Fisher, la principessa Leila di "Star Wars", ricostruita completamente in digitale per il nono capitolo della saga, uscito tre anni dopo la sua morte, e Harrison Ford ringiovanito per "Indiana Jones 5", in arrivo nel 2023. Sono solo due delle decine di esempi che si potrebbero fare sull'impiego dell' IA in materia di performance attoriale. Si chiama tecnologia deepfake e permette di sintetizzare un volto "nuovo" (o modificato) credibile sulla base di immagini sovrapposte. Keanu Reeves, in sala in questi giorni con "John Wick: Chapter 4", si è scagliato contro il nuovo trend degli studi hollywoodiani in una recente intervista. Confermando la presenza nei suoi contratti di una clausola che impedisce di manipolare digitalmente le sue interpretazioni, Reeves ha affermato: "Con il deepfake si perdono il punto di vista e il valore di un attore".
Voci a rischio
In Italia rimane lo stato di agitazione dei lavoratori del doppiaggio e prosegue il confronto tra sindacati e Anica sul futuro della professione. Il problema, confermato anche dal presidente della statunitense National Association of Voice Actors, Tim Friedlander, è che nessuno sa se sono già disponibili algoritmi capaci di rimpiazzare le voci umane. “Un doppiatore – ha spiegato Friedlander – guadagna con la propria voce. Se ne viene messa in circolazione una versione 'senza licenza', gratuita, la conseguenza è un danno economico molto grave per i professionisti".