Sabato 27 Luglio 2024
CHIARA DI CLEMENTE
Magazine

(In)fedeli a Berlino, la nuova vita dei Cccp: quarant’anni dopo è ancora avanguardia

Il travolgente ritorno del gruppo nella città dove tutto ebbe inizio. Ferretti: "Mai avrei pensato di ricominciare. Ma sono nato per smentirmi"

"Siamo arrivati tardi o forse troppo presto, comunque il nostro tempo non assomiglia al vostro". Il cortocircuito è doppio. Non c’è solo quello che fa saltare il microfono sul palco dell’Astra Kulturhaus, il club piazzato nella ex Berlino Est tutto graffiti all’esterno e velluti rossi e lampadari retrò all’ingresso e poi sala da concerto mozzafiato metallica austera e “brutalista” alla “Climax” di Gaspar Noé, nell’esatto momento in cui Fatur recita la sua poesia alla Carmelo Bene, lui lì mezzo nudo, pancia all’aria, sul resto del corpo brandelli di pantaloni, di canottiere e di catene e tutto all’improvviso si tace col blackout, meno male che qualcuno recupera una multipresa (insomma: una ciabatta) e la lancia sul palco, e lo spettacolo può ripartire. Il cortocircuito è doppio perché i Cccp, che qui a Berlino nacquero quarant’anni fa grazie all’incontro tra Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, e da qui con loro nacque il loro gruppo di punk filosovietico e musica melodica emiliana, incarnano in questo momento in scena un universo tanto denso di emozione tangibile e immediata, quanto artisticamente definito e definitivo. Caotico e compiuto. Vivo e imperfetto, e grazie a questo, anche proprio per questo, monumentale e perfetto.

I Cccp in concerto a Berlino
I Cccp in concerto a Berlino

I furori punk dell’inizio, lo sguardo speranzoso duro e lucido volto all’Est (all’Eurasia) come spiegarono gli stessi da giovani nella famosa intervista a Tondelli, "non tanto per ragioni politiche quanto etiche ed estetiche: all’effimero occidentale preferiamo il duraturo, alla plastica l’acciaio, alle discoteche i mausolei", quelle canzoni che si trasformarono presto per il loro pubblico in contenitori di ogni scontento esistenziale, d’ogni moto ideologico ostinatamente filocomunista, tutto ciò che erano all’inizio insieme ai quarant’anni che li separano da allora, con gli infiniti mutamenti che hanno attraversato le anime dei componenti e di Ferretti su tutti, ecco che qui in scena appare per paradosso immutato e nuovissimo. Contiene la confusione e l’ingiustizia di una società che ancora non riesce a non umiliare chi è più debole, a non ucciderlo in guerra, a non annientarlo se giovane, a non rifiutarlo se viene da un altro posto. Contiene la rabbia che nasce dal sapersi sconfitti e al contempo la rabbia di non volerlo mai essere: eppure sono vivo.

In scena quello che ipnotizza, che smuove nel profondo i fan del passato come i fan del futuro, ha molto a che vedere con l’antico impegno della realizzazione di un’opera d’arte che utilizzi linguaggi d’avanguardia: per assurdo, i Cccp arte d’avanguardia lo erano nell’83, lo sono forse ancora di più oggi, nel 2024.

Sul palco ci sono persone d’età – Ferretti ha 70 anni, Zamboni 67 – il cui livello di espressione strettamente poetica-musicale non è mai stato così denso, multiforme, profondo: molto si deve alla presenza di una band allargata con due percussionisti, il basso, una seconda chitarra e in particolare con il violino di Ezio Bonicell. Ma non è solo la musica: lo spettacolo – che attinge al "lercio cabaret", come lo definisce Fatur – e che si regge su una costruzione estetica il cui citazionismo non è forma ma sostanza, dalla Repubblica di Weimar all’Inno della Ddr, dal futurismo al situazionismo di Annarella che indossa ora il Tricolore con l’elmetto, ora sventola sul palco la bandiera rossa con la falce e il martello. Per paradosso, uno spettacolo – soprattutto agli occhi di un giovane – eccezionalmente mai visto.

Oltre due ore di musica, in scaletta Depressione caspica, Libera me domine, una forsennata Stati di agitazione, Tu menti, Curami, Punk Islam e Radio Kabul – con alcuni versi cambiati – le sorprese di Spara Jury introdotta da Bang Bang e della cover dei Daf di Kebab Traume cantata da Zamboni. Gran finale con Annarella e Amandoti intonate dalla folla come uno solo uomo, non c’è una nota, una parola, che non sia d’amore. Sotto il palco delle tre serate berlinesi (sold out da sabato a stasera) 1.500 persone per sera, a fronte delle 12.000 richieste dei fan che da sole giustificano il tour che il gruppo intraprenderà in Italia quest’estate.

"Dal vivo proporremo i brani dei Cccp di Epica Etica Etnica Pathos che i Cccp non hanno mai fatto in concerto, visto lo scioglimento che seguì la pubblicazione di quell’album del ‘90", racconta Giovanni Lindo Ferretti alla fine del concerto, aggiungendo che ritrovarsi in questa città, dinnanzi al pubblico che li ha avvolti in un abbraccio enorme e caloroso, è stato "un colpo al cuore, è stato come aver fatto tre capriole carpiate all’indietro e mi ritrovo in piedi. Razionalmente non avrei mai deciso di ricominciare, ma avrei sbagliato. Evidentemente sono nato per smentirmi".

Sul palco ha portato Andrea Scanzi che – come nei concerti a Reggio Emilia – avrebbe dovuto recitare un’introduzione a Emilia Paranoica, su un sottofondo di musica in crescendo; Scanzi a Berlino però è stato sommerso dai fischi: ritornerà sul palco? "Certo che sì, se lui vorrà. Io stesso lo detesterei come gran parte del pubblico se non lo avessi scoperto personalmente come un uomo timido e praparato. Comunque a Scanzi essere fischiato non fa altro che bene". I versi cambiati in alcune canzoni? "Le parole sono dei tesori, cambiano all’interno con la vita; non c’è nulla in ciò che canto oggi che io non possa dire al mio confessore. Perché in Radio Kabul ora dico “Radio Mariupol“ e poi “All’erta sto come un russo nel Donbass come un armeno del Nagorno-Karabak”? Perché non mi voglio unire all’ipocrisia di chi tace sulla guerra in Armenia. E tace anche il Vaticano".

La sintesi del ritorno in concerto – concerto duro e puro da club, dopo i “gran galà” punkettoni teatrali di Reggio? "Sarà il nostro prossimo tour, siamo il dono meraviglioso di esserci ritrovati", dice Giovanni. (In)fedeltà la linea c’è: questo il titolo della tournée.