Lunedì 25 Novembre 2024
REDAZIONE MAGAZINE

Gli incendi colpiscono sempre più le foreste (ed è un problema)

Negli ultimi vent'anni i chilometri quadrati andati a fuoco annualmente sono sempre gli stessi, ma è cambiato il territorio colpito dai roghi: colpa della crisi climatica

Fiamme avvolgono alberi

Fiamme avvolgono alberi

Gli incendi che negli ultimi tempi hanno devastato intere zone naturali hanno una peculiarità: il loro numero è sostanzialmente invariato, ma stanno colpendo con sempre maggiore frequenza aree che prima erano scarsamente o per nulla interessate dalle fiamme. Nel contempo, si stanno riducendo là dove invece erano un fenomeno frequente. È insomma in atto un cambiamento indotto dalla crisi climatica e dell'azione umana: sono le conclusioni presentate da un lungo reportage del Guardian, che ha preso in considerazione dati raccolti dal 2000 al 2020.  

Bruciano più foreste e meno praterie

Lo studio ha evidenziato che negli ultimi vent'anni è rimasto sostanzialmente invariato il numero di chilometri quadrati andati a fuoco su base annuale. Ciò che però è mutato in maniera sensibile è che gli incendi stanno sempre più colpendo le foreste e sempre meno le praterie. Li abbiamo visti nelle zone boscose della California, dell'Australia, della Siberia e sono arrivati persino nel Pantanal, immensa pianura alluvionale del Sudamerica centrale. Tutte regioni che storicamente non hanno conosciuto questo tipo di evento, se non occasionalmente. Per contro, molte praterie della savana, precedentemente predilette dai roghi, sono sempre meno colpite. Come avverte Niels Andela della Cardiff University, "questo trend non è ancora visibile ovunque, ma è prevedibile che diventerà sempre più evidente".  

Le due conseguenze più preoccupanti

Gli scienziati stanno ancora studiando le possibili conseguenze di questo cambiamento, ma già ora ci sono due fattori che preoccupano. Intanto, la savana è un bioma che si è adattato agli incendi e la cui bio vitalità trae vantaggio dal ciclo distruzione-ricrescita da essi innescato. Si teme dunque che l'assenza di fiamme periodiche possa avere effetti negativi. La seconda ragione di preoccupazione è chiaramente riassunta da quanto accaduto in Australia nel corso del 2020: il numero di chilometri quadrati bruciati è stato minore rispetto al 2019, ma il fumo prodotto è stato tre volte più grande di quanto mai registrato, proprio perché i roghi hanno interessato soprattutto le foreste. Più fumo significa più anidride carbonica immessa nell'atmosfera, che a sua volta influisce sull'innalzamento della temperatura media a livello globale. La quale è legata all'aumento degli incendi: il circolo vizioso non potrebbe essere più evidente.  

Cosa fare?

Gli studiosi stanno ancora vagliando le ipotesi su come è stato innescato il passaggio dalla savana alle foreste, ma sul perché questo è avvenuto c'è generale concordia. Con le parole di Pep Canadell, a capo del Climate Science Centre presso il Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation in Australia: "Non ci sono dubbi che i cambiamenti climatici rappresentano un fattore particolarmente significativo". Dunque tutto conferma quando gli scienziati dicono ormai da decenni: occorre agire rapidamente e con decisione per ridurre l'impatto dei comportamenti umani sull'ambiente. Il rischio, altrimenti, è che la situazione peggiori sempre più, con conseguenze enormi su tutti noi.