Martedì 31 Dicembre 2024
REDAZIONE MAGAZINE

Il volo etico di Francesca

La Fialdini è già una ’big’ dell’intrattenimento televisivo, ma ora vuole griffare programmi che affrontino alcuni scottanti nodi sociali

"Vengo dopo il ‘Tiggi’", cantava Renzo Arbore. A Francesca Fialdini il destino televisivo ha invece riservato di succedere nel palinsesto festivo a un’autentica corazzata, ovvero occupare lo spazio di Rai Uno immediatamente successivo alla fine di ’Domenica In’, catalizzatrice di ascolti ed erede di una tradizione ultraquarantennale (prima edizione, anno 1976). Ma il suo ’Da noi... A Ruota Libera’, pur dovendo fare i conti anche con il ’Verissimo’ da record di Canale 5, si sta difendendo piuttosto bene, migliorando le performance rispetto allo scorso anno e sfiorando il 18% di share.

Il coraggio non le fa difetto...

"Quando mi hanno comunicato la fascia che avrei dovuto occupare sono stata attraversata da ogni genere di pensieri e ogni anno mi ritrovo a confrontarmi con un’offerta sempre più ampia delle altre reti. Però il pubblico si è fidelizzato e per noi è uno stimolo a inventare sempre qualcosa di nuovo e accattivante".

In ogni caso sembra un abito cucitole addosso...

"Tra me e il team di autori c’è una conoscenza reciproca profonda e l’intento è quello di portare l’ospite laddove spontaneamente non andrebbe".

C’è stato qualcuno con cui non ci è riuscita?

"Generalmente hanno un approccio corazzato gli attori. Una volta l’incontro con un uomo di teatro prestato alla fiction durò sette minuti perché alla prima domanda rispose che non era lì per ballare e cantare. Impossibile continuare. Sul fronte opposto cito Rosalinda Celentano che è stata un incontro difficilissimo però per me tutto ciò che è fragilità e sottende a una personalità creativa, originale, diventa immediatamente molto interessante. Ciò che vorrei sdoganare, con tono leggiadro, è che le nostre fragilità non vanno né mitizzate né nascoste".

A proposito di fragilità un’altra bella prova è quella di ’Fame d’amore’ che da domani torna su Rai 3 per il terzo anno...

"E’ un programma che mi ha aiutata a tirare fuori le emozioni e a lasciarmi trasportare anche nelle storie di ’A ruota libera’. Finché ho fatto informazione dovevo adottare il distacco che richiede la cronaca. Adesso finalmente posso tirar fuori la Francesca che senza vergogna può esternare il suo interesse per la psicologia".

’Fame d’amore’ però va oltre, affrontando i drammi giovanili dei disturbi mentali e alimentari sotto forma di reportage con i protagonisti che ci mettono la faccia...

"Il grande merito è di Andrea Casadio che è la vera anima del programma e ha un trascorso professionale specifico attraverso cui si è conquistato la fiducia dei nostri interlocutori. E quando l’allora direttore Coletta visionò il progetto e pensò a me come conduttrice, è scattata un’immediata sintonia. Anche perchè questi temi sono sempre stati un mio pallino solo che nel day time sia della ’Vita in diretta’ che di ’Uno Mattina’ erano argomenti che la gente respingeva e li induceva a cambiare canale".

Perché ’Fame d’amore’ è riuscita a scardinare queste resistenze?

"Intanto i ragazzi che hanno accettato di raccontarsi sanno di poter parlare a ruota libera senza sentirsi giudicati e noi, con l’aiuto degli esperti, proviamo ad andare alle radici del malessere che li ha portati a perdersi, a smarrire il contatto con se stessi e con le emozioni fino a farsi travolgere dall’autodistruzione. Offriamo al pubblico strumenti di comprensione di fenomeni che riguardano tutti, dai genitori, agli adulti senza figli che però le nuove generazioni le hanno intorno, agli educatori che devono sapere che l’individualismo indotto dalla Rete contiene in sé anche un altro aspetto non trascurabile: il giovane che non possiede un linguaggio per comunicare con gli adulti, trova un palco per esprimere bisogni e desideri proprio nel web".

Chi sono i mostri sacri del suo personale Pantheon giornalistico?

"Enzo Biagi che ha saputo unire alto e basso, il Santoro di ’Samarcanda’, Minoli e il suo ’Mixer’. Poi Daria Bignardi, Lilli Gruber e la sua infinita modernità. Ero talmente innamorata di queste figure che dicevo ai miei: “Da grande farò questo e se non dovessi fare la giornalista, farò quella che ne sa“".

Sogno realizzato. Anche se mamma la preferiva biologa e papà ha abbozzato, accusando però lo strappo della partenza per Roma...