Lunedì 2 Dicembre 2024
DAVIDE RONDONI
Magazine

Il pensiero inattuale di Del Noce. La storia come campo del possibile

Sommario: Davide Rondoni esplora il pensiero inattuale di Augusto Del Noce, filosofo critico della modernità e promotore di una visione stratificata del presente.

Il pensiero inattuale di Del Noce. La storia come campo del possibile

Augusto Del Noce (1910 - 1989)

Mi scuseranno, forse, gli studiosi di filosofia per questa incursione, tra l’ammirato e il ribaldo, in terreni che un poeta avverte prossimi ma inesorabilmente diversi. Tre motivi però spingono all’azzardo. Il primo è la comune stima che taluni dei miei maestri avevano verso il filosofo Augusto Del Noce e la sua coraggiosa libertà. Il secondo il dovere di cercare in un libro come questo di Luciano Lanna – Attraversare la modernità. Il pensiero inattuale di Augusto Del Noce (Cantagalli) – qualche indizio di mappa per un presente pieno di caos, di cambi di costume e di poteri. Il terzo è nel fatto che non a caso Lanna affianca il nome del filosofo a quello di alcuni poeti e scrittori, da Pasolini a Sciascia e richiama linfe comuni a Pavese. Nomi ai quali io aggiungerei anche quello, invece assente nel bel libro, di Ungaretti, mentre compare in un punto di grande significato, ma non nell’indice dei nomi, cosa molto montaliana, quello di Montale, il quale ebbe tra i riferimenti comuni al filosofo torinese, tra gli altri, Lev Chestov.

Del Noce nella lettura che danno Lanna e – in una preziosa introduzione – Giacomo Marramao, è al pari di taluni poeti italiani, e spesso tra i più grandi, un pensatore inattuale, come dichiara il titolo. Ovvero ci sono poeti e pensatori che rappresentano l’epoca, e altri che vanno contro il pelo del pensiero dominante. E non per un banale conservatorismo, tantomeno per un pessimismo cronico, bensì perché colgono, grazie a una idea più ricca dell’evento storico, potenzialità ancora inespresse, e danno una lettura più stratificata del presente. Come confessa Del Noce, tale impegno per lui avvenne a partire da un "orrore sentito verso la forma retorica della filosofia", sentito al pari di Bobbio compagno di liceo. E grazie a una visione fondata sulla “ucronia“.

Ovvero, per stare al “caso Del Noce“, ma potremmo dire anche nel “caso Pasolini“, mentre una buona parte del pensiero moderno e di sue interpretazioni legge la storia come una linea retta e progressiva, e inevitabile, i cultori dell’ucronia (concetto derivante dal romanzo di un filosofo, Charles Renouvier) vedono il tempo storico come un albero. Un albero che ha potenzialità non meno reali dei fatti, ma che restano inespresse, non per questo false o impossibili. Del Noce, procedendo dalla critica a Gentile e all’idealismo, passando dalla lettura del perpetuo gnosticismo come fondamento della secolarizzazione e interpretando il marxismo come ultimo episodio (e non rottura) di una tendenza del pensiero dominante nella modernità, da Cartesio in poi, o meglio da una parziale lettura di Cartesio in poi, si pone in rotta con lo storicismo nutrito da ogni ideologia.

Non negava la modernità, ne offre un’altra possibilità. Lo fa da filosofo in continuo dialogo con chi la pensava diversamente da lui, segnato al pari di Bobbio dall’avversità a ogni forma di violenza. Il filosofo del tempo storico come albero previde vari fenomeni oggi evidenti, come la riduzione dei partiti comunisti a partiti radicali di massa, partiti dell’individualismo. Chi osserva gli alberi vede meglio le cose.