Martedì 16 Luglio 2024
EVA DESIDERIO
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Il nuovo Museo della Moda dialoga con l’arte

Allestite a Palazzo Pitti a Firenze dodici sale con una collezione che va dal Settecento a oggi. Il legame con la Galleria degli Uffizi

Il nuovo Museo della Moda dialoga con l’arte

Il nuovo Museo della Moda dialoga con l’arte

Firenze, 17 luglio 2024 – Il manto di corte riempie la sala da ballo della Meridiana a Palazzo Pitti. Lo ha creato Charles Frederick Worth per Donna Franca Florio, nel 1902, al suo debutto come Dama di Corte della Regina Elena. È un capolavoro di raso di seta damascato bordato tutto intorno al lungo strascico da applicazione e ricami, e mostra come la silhouette della Regina di Palermo, come tutti chiamavano la bellissima nobildonna protagonista della Belle Époque, fosse proprio quella di una top model, alta e flessuosa. E questo spiega perché Gabriele D’Annunzio la chiamasse “l’Unica”. Altri tempi, altre storie, altre bellezze che rivivono in tutta la loro immaginifica eleganza, provocando in chi guarda un dolce stupore che trasporta nel sogno, nelle dodici sale di nuovo allestite del Museo della Moda di Palazzo Pitti, nato come Galleria del Costume nel 1983 per la felice e rivoluzionaria (per i tempi) visione di una studiosa straordinaria come Kirsten Aschengreen Piacenti.

Le sale ieri sono state riaperte con una summa delle collezioni dell’unico museo statale d’Italia sulla moda dal direttore delle Gallerie degli Uffizi, Simone Verde. Il suo predecessore Eike Schmidt ha lavorato, fino alla fine del mandato, per il potenziamento e la valorizzazione di questo gioiello d’arte e altissimo artigianato, con acquisizioni importanti come quella della donazione di Cecilia Matteucci, con la mostra su Germana Marucelli e con la riapertura con le collezioni del Novecento nel dicembre scorso.

Questo nuovo allestimento, curato da Vanessa Gavioli, focalizza il patrimonio del Museo della Moda di Palazzo Pitti, con abiti e accessori che vanno dal Settecento alla metà del Novecento con la nascita dell’alta moda italiana e poi negli anni Settanta del pret-à-porter. Un percorso che si intreccia con quello dell’arte del tempo che si rappresenta attraverso gli abiti, con quadri che provengono dalle collezioni delle Gallerie degli Uffizi di autori importanti, opere scelte per fare da controcanto alle creazioni di moda.

Da grandi ritrattisti del Settecento e del primo Ottocento come Carle Vanloo, Laurent Pecheux e Jean-Sébastien Rouillard, Clemente Alberi e Giuseppe Colzi de’ Cavalcanti a eleganti ritratti dell’Ottocento maturo di Tito Conti, Giovanni Boldini, Edoardo Gelli e Vittorio Corcos; fino ad alcuni degli artisti più rilevanti dell’avanguardia italiana, come Massimo Campigli, Giulio Turcato, Corrado Cagli e Alberto Burri, messi in relazione con stilisti di punta della moda del ‘900.

"È un Museo della Moda che dialoga con le opere d’arte per restituire l’unità del gusto delle varie epoche", racconta il direttore Simone Verde, che ricorda come siano 15.000 i pezzi di proprietà dello Stato.

Incantano il visitatore del Museo della Moda di Palazzo Pitti la robe à la françois che racconta il mito delle corti d’Europa settecentesche, come le parrucche di fili d’oro e d’argento per le garconne anni 1920 che si specchiano nel ritratto di Vittorio Corcos dell’incantevole Francesca Viviani della Robbia del 1923; le pagliette e le cloche, i guanti di filo, i ventagli giganteschi e misteriosi di piume di struzzo, le scarpine di seta, l’abito nero e severo di Madeleine Vionnet del 1931 (che piacerebbe molto a Miuccia Prada); quello di Elsa Schiaparelli donato nel 1986 all’allora Galleria del Costume da Umberto Tirelli (generosissimo per le sue grandi collezioni); la stola rosa di raso di Emilio Schubert del 1956; gli abiti stile Impero che preludono all’arte di Mariano Fortuny; il vestito nero di tulle a balze di Gigliola Curiel del 1960 da Prima della Scala; il corpino a corolla dell’abito lilla di Roberto Capucci del 1957; il femminilissimo tailleur Valentino in bianco e nero del 1966 fino allo chic inarrivabile di Federico Forquet nel bianco e nero grafico del 1969 che si “specchia” nelle linee di Burri.

Incontri fortunatissimi, come quelli con l’arte stilistica di Gianfranco Ferré o di Maurizio Galante, un “ripasso” speciale sulla storia del costume tanto legata alla moda da esserne quasi indissolubile, uno spaccato di storia e di tendenze che sarebbe bene che alcuni stilisti tra i più in voga di oggi prendessero a esempio e ispirazione. E anche una cascata di bellezza per il pubblico degli affascinati dal mondo del fashion.