Bertuccioli
E pensare che l’avevano fatto morire alla fine della seconda stagione. Lui che, dopo avere messo a segno con la sua banda il colpo alla Banca si Spagna, si era fatto trivellare dai colpi dalle forze speciali per consentire ai suoi compagni di mettersi in salvo. Ma Andrés de Fonollosa, nome di battaglia “Berlino“, il più iconico dei personaggi de La casa di carta, carismatico come l’attore che lo impersona, il galiziano Pedro Alonso, non poteva sparire così. Su Netflix la serie spagnola creata da Alex Pina e Esther Martinez Lobato ha conquistato un successo internazionale, consacrato anche dalla vittoria di un prestigioso Emmy. E quindi sono arrivate una terza, una quarta e anche una quinta stagione, con Berlino che ricompariva in frequenti flashback. Ma ora torna da grande protagonista: dal 29 dicembre sbarca su Netflix Berlino, spin-off de La casa di carta, con un giovane Berlino che, a Parigi, organizza con la sua banda un clamoroso colpo alla più importante casa d’aste della capitale francese. Per presentare questa nuova avventura in 8 puntate, Pedro Alonso è venuto a Roma, non sottraendosi a un bagno nella Fontana di Trevi nonostante il freddo, come omaggio a Mastroianni e Fellini. Con lui altri due attori del cast, Michelle Jenner e Tristán Ulloa.
Alonso, com’è stato ritrovare Berlino?
"Inizialmente ho avuto parecchi dubbi, non per il personaggio ma per la mia esposizione mediatica in quel periodo. Ho chiesto un po’ di tempo per pensarci ma poi in realtà ho detto subito di sì perché mi sono reso conto che sarebbe stato impegnativo ma anche una grande opportunità".
In questo spin-off troviamo un Berlino diverso?
"Nelle stagioni precedenti era un personaggio piuttosto cupo, quasi torvo. Abbiamo dovuto reinventarlo, dandogli un altro carattere, più luminoso, anche se il suo dna non cambia. È stato come immergersi in una galassia completamente nuova, con toni nuovi, uno stile completamente diverso. E potremmo paragonare Berlino a un personaggio scespiriano, per tutte le sfaccettature che lo caratterizzano".
Cambia anche il tono della serie?
"È un tono volutamente più lieve, da commedia. Ci sembrava più adatto, visti i tempi difficili per tutto il mondo, con la guerra in Ucraina e tutto il resto. E quindi abbiano creato un racconto quasi alla Houdini, da illusionisti, ricco di fantasia e di magia, come si addice a questa che è una commedia romantica. Diciamo che con La casa di carta abbiamo rubato agli americani e agli anglosassoni i film d’azione, le rapine, mentre questa volta abbiamo rubato alla Francia le commedie romantiche".
All’Italia non avete rubato niente?
"Se c’è una cosa che abbiano veramente rubato all’Italia, in questa serie e nelle precedenti, è la musica, le canzoni. Tra le altre, Felicità".
E nelle precedenti stagioni Bella ciao.
"È stato un detonatore molto potente, Bella ciao. Fino ad allora io non avevo mai cantato, anzi avevo chiesto agli autori di toglierla perché non mi sentivo in grado di cantare. Ma poi è stato travolgente intonarla tutti insieme".
Com’è cambiata la sua carriera grazie a questa serie?
"Prima ero un attore contento per il solo fatto di lavorare, e non potevo nemmeno immaginare tutto quello che è accaduto dopo. Grazie a La casa di carta ho avuto opportunità straordinarie: fare un documentario, un libro, un film di fantascienza. Quindi è stato un grandissimo regalo ma anche un qualcosa da cui ho dovuto prendere le distanze perché è come una marea che può travolgere te e chi ti sta accanto. E anche adesso cerco di diversificare le mie attività: dipingo, scrivo".
Su cos’è il suo doc?
"Potremmo dire che è come il viaggio di Ulisse, un viaggio particolare nella medicina ancestrale, in America Latina, tra gli indigeni. Una ricerca spirituale, una sorta di road movie interiore".
Tratti in comune con Berlino?
"Mi piace il suo senso della vita, il voler vivere il presente, senza applicare formule, rifuggendo da tutto ciò che è stabilità, e trovo delizioso il suo senso dell’umorismo. Ma sono molto diverso da Berlino, per fortuna, soprattutto per quell’ombra inscindibile da lui".