Mercoledì 26 Febbraio 2025
BEATRICE BERTOLUCCI
Magazine

Il Gattopardo 2025. Tutto cambia, anche un capolavoro: da Visconti alla serie tv

Il celeberrimo romanzo di Tomasi di Lampedusa diventa un kolossal Netflix. Lo sceneggiatore inglese Warlow: "Abbiamo aggiunto storie e personaggi".

Kim Rossi Stuart (55 anni) con Deva Cassel (20 anni) nel Gattopardo di Netflix

Kim Rossi Stuart (55 anni) con Deva Cassel (20 anni) nel Gattopardo di Netflix

Bisogna che tutto cambi affinché tutto rimanga com’è. E che quindi, soprattutto, potere e privilegi restino saldamente nelle mani di chi li ha sempre posseduti. Non pochi nella storia d’Italia più o meno recente hanno fatto propria questa massima. A ispirarli, il Principe di Salina, il personaggio nato dalla penna di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che, ricordando la figura del suo bisnonno, scrisse Il Gattopardo, un capolavoro di cui non riuscì a vedere la pubblicazione. Un romanzo che racconta il tramonto di un’epoca e di una antica nobiltà nella Sicilia del 1860, che si appresta, dopo lo sbarco nell’isola delle camicie rosse di Garibaldi, a fare parte dell’Italia unita. Per salvare le sorti della famiglia, don Fabrizio, il Gattopardo, farà sposare il nipote Tancredi con Angelica, la bella figlia dell’arricchito e rozzo don Calogero Sedara.

Destino speciale, segnato da difficoltà e da trionfi, quello del libro prima e poi quello del film che nel 1963 ne trasse Luchino Visconti. Un film in cui risplendeva la bellezza di Claudia Cardinale nel ruolo di Angelica e quella di Alain Delon nella parte di Tancredi, mentre Burt Lancaster era il Principe di Salina. E ora Il Gattopardo è diventato anche una serie in sei episodi, disponibile dal 5 marzo su Netflix, con Kim Rossi Stuart convincente Gattopardo, Benedetta Porcaroli in quello della figlia Concetta (nel film era Lucilla Morlacchi), Deva Cassel (figlia di Monica Bellucci e Vincet Cassel) in quello di Angelica e Saul Nanni in quello di Tancredi, questi ultimi divenuti dal set, una coppia anche nella vita.

Il romanzo non era piaciuto a Elio Vittorini, consulente di Mondadori, e quindi Tomasi di Lampedusa si vide bocciare la sua opera. Venne poi pubblicato da Feltrinelli nel 1958, quando lui era già morto, e vinse quell’anno anche il Premio Strega. Percorso accidentato anche per il film che il produttore Goffredo Lombardo affidò prima a Mario Soldati, poi a Ettore Giannini, e infine a Visconti che ne fece una sorta di kolossal da tre miliardi di lire, vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes. Adesso, dunque, si potrebbe dire con sprezzo del pericolo e dell’inevitabile confronto, arriva la serie di Netflix.

"A oggi, è la più grande avventura mai realizzata da Netflix. Una serie sontuosa ed emozionante che siamo orgogliosi di portare al pubblico di tutto il mondo", afferma Tinny Andreatta, vicepresidente delle Serie originali italiane di Netflix. Attori italiani ma regista inglese, Tom Shankland (firma quattro episodi, gli altri due sono stati diretti da Giuseppe Capotondi, il 4, e Laura Luchetti, il 5) e sceneggiatori inglesi, Richard Warlow e Benji Walters. "Ci è piaciuta la visione che Tom aveva della storia – spiega Tinny Andreatta la scelta del regista inglese – e il modo in cui voleva raccontarla. Le sue parole ci hanno conquistato". E lui dice: "Mio padre insegnava italiano all’università e spesso trascorreva dei periodi di ricerca in giro per l’Italia. Ed è grazie a lui che ho scoperto e amato, letto e riletto Il Gattopardo".

Per trarre da un romanzo di poco più di trecento pagine una serie in sei episodi di un’ora, molto è stato aggiunto, sviluppando situazioni e personaggi, come, in particolare, quello di Concetta. "Abbiamo passato ore e settimane con i nostri consulenti storici, uno italiano, uno inglese. Ci siamo immersi – afferma Richard Warlow – nella storia e nella cultura della Sicilia di quegli anni. Abbiamo discusso a lungo e siamo andati al di là degli scritti di Tomasi di Lampedusa".

Al centro di tutta la storia, è il Principe di Salina. "Quando ho letto la sceneggiatura mi sono subito scontrato con questa immagine di don Fabrizio, un uomo alto quasi due metri – racconta Kim Rossi Stuart – pesante, forte, mentre io mi percepisco fragile, insicuro. Ho pensato che sarebbe stato un triplo salto mortale. Ma poi ho letto il libro, che prima non avevo mai letto, e ho scoperto un intellettuale, anche lui con delle fragilità. E c’è qualcosa in questo personaggio, in quello che lui vive, che mi ha emotivamente trascinato".