Venerdì 5 Luglio 2024
Pierluigi Masini
Magazine

"Il futuro delle città? Nei quartieri efficienti"

L’architetto delle star Italo Rota ridisegna lo sviluppo post lockdown: più servizi e spazi verdi. Bisogna fare meno grattacieli inutili

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"Quando penso a questi mesi passati in casa mi viene in mente quella frase di Tacito che dice: ‘Tutto ciò che oggi ci sembra antico un giorno era nuovissimo’". Abbiamo vissuto un’accelerazione del tempo, che alla fine è stato brevissimo perché l’abbiamo fissato, osservato, misurato e anche subito museificato. Così gli oggetti ci sono diventati antichi". Italo Rota, 66 anni, architetto. Forse il più visionario degli architetti italiani. Ha costruito musei di objets trouvés e per il padiglione italiano dell’Expo di Dubai sta realizzando tre grandi barche rovesciate venute dal mare con il loro carico.

Partiamo dagli oggetti quotidiani.

"Quello che abbiamo vissuto chiusi in casa ci ha avvicinato agli oggetti, ci ha permesso di giudicarli, pesarli, contarli, archiviarli. L’attività tipica del conservare. Mentre nei musei è iniziata la gamification delle collezioni: per renderli accessibili in questa fase di emergenza tutto è stato trasformato in giochi".

Stanno nascendo musei virtuali del Coronavirus.

"Oggetti di questo periodo non ne vedo... forse la mascherina, simbolo dell’emergenza. Ma è un po’ come dire che ha piovuto per tre mesi e mi ricordo dell’ombrello. Invece il vero oggetto è stata la nostra mutazione in esseri compiutamente digitali, in tutto il mondo. Siamo tornati ad essere un po’ più unitari, digitali e analogici insieme".

Altri cambiamenti?

"Nessuno può saperlo. Ora c’è questa roulette dell’immaginare ma la storia non è conclusa e bisogna, capire cos’è cambiamento e cos’è emergenza. Sarebbe disumano, improprio e senza ottimismo, pensare che questo momento diventi la normalità. Dobbiamo capire i nodi che questa crisi ha portato al pettine, lì c’è il cambiamento. Altra cosa è l’emergenza".

Serve ottimismo?

"Io mi impongo di essere ottimista perché solo nell’ottimismo trovo l’energia e la tenacia per cambiare. Cerco di trasformare i problemi in opportunità per innovare, progettare e generare lavoro per i giovani, perché la conseguenza sarà che molte aziende lasceranno le persone a casa, ci sarà più telelavoro e anche una revisione dei sistemi pedagogici. Ma se cambieremo in meglio o in peggio dipenderà solo da noi, da noi come persone. Con il lockdown è migliorata l’aria, l’acqua, abbiamo visto la natura esplodere: sono gli effetti di tante persone che fanno la stessa cosa insieme. Non potremo più essere quello che eravamo prima. Siamo nel pieno di un’evoluzione".

Avremo maggiore consapevolezza?

"Penso proprio di sì. Guardo all’entusiasmo per il volo spaziale di Elon Musk, c’è tanta voglia di innovare e cambiare. Ma andare su Marte significa anche sistemare i problemi sulla Terra: quelli sono degli obblighi, non se ne dovrebbe nemmeno parlare. Io ho guardato molto i dati, che sono spie di tendenze. Ad esempio la vendita di auto elettriche è aumentata in Europa del 10 per cento mentre quelle tradizionali sono scese del 94 per cento".

La pausa forzata ora è finita.

"Sì, anche se sono convinto che nella testa di moltissime persone, in maniera inconscia, c’è quasi il desiderio di continuare il lockdown, che ha creato una sorta di sicurezza. Adesso fanno fatica a tornare a una ‘normalità’. Molti hanno riprogrammato la loro vita e le loro autonomie. Chi ha figli si è ritrovato con i figli, ha fatto scuola con loro. Chi è studente si è relazionato uno a uno, studente-docente, studente-studente. Nell’innovazione si sono fatti progetti incredibili usando le open source nel mondo".

Le città come cambieranno?

"Nei prossimi anni dovremo efficientare tutto ciò che abbiamo. Cambiare la logistica, i modelli d’uso, la mobilità. Il quartiere prenderà il posto di un isolato perché riunirà più funzioni. Le città si formeranno per raggruppamenti di quartieri molto efficienti e penso che in questo Milano potrebbe trovare una nuova spinta, perché i cittadini sono predisposti. Fare meno grattacieli inutili? Sì. Fare un’architettura che convive con la Natura? Sì. Che non significa mettere gli alberi dentro i vasi sotto a un tetto, è un’altra storia. Se Milano deciderà di piantare un milione o due milioni di alberi, questa cosa la faranno i cittadini".

Qualcuno parla di andare a vivere nei borghi.

"Questo lo pensano sessantenni ricchi con un lavoro che è adatto al borgo. Nelle città vive la maggior parte dell’umanità, andare nei borghi significa lasciare il problema a qualcun altro. E questo è imperdonabile".

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