Giovedì 23 Gennaio 2025
COSTANZA CHIRDO
Magazine

Il film favorito. Inclusivo ma divisivo. I paradossi di Audiard

Con ben 13 candidature, Emilia Pérez guida la 97ª edizione degli Oscar. Già pluripremiato ai Golden Globe, il “narco-musical” diretto...

Con ben 13 candidature, Emilia Pérez guida la 97ª edizione degli Oscar. Già pluripremiato ai Golden Globe, il “narco-musical” diretto...

Con ben 13 candidature, Emilia Pérez guida la 97ª edizione degli Oscar. Già pluripremiato ai Golden Globe, il “narco-musical” diretto...

Con ben 13 candidature, Emilia Pérez guida la 97ª edizione degli Oscar. Già pluripremiato ai Golden Globe, il “narco-musical” diretto da Jacques Audiard ha battuto ogni record per il numero di nomination, tra cui quella di Karla Sofía Gascón, prima donna transgender candidata come miglior attrice. Trionfo annunciato? Nì. Nonostante i molti riconoscimenti da parte della critica dal momento del suo debutto al Festival di Cannes (premio della Giuria e premio al cast femminile) il film di Audiard sembra essere tra i più divisivi nella sua ricezione da parte del pubblico.

Basato sul romanzo del 2018 del francese Boris Razon, Emilia Pérez racconta la storia del narcotrafficante messicano Juan Manitas Del Monte (Gascón) che fa rapire l’avvocatessa Rita (Zoe Saldana: vero motore del film) e la incarica di aiutarlo a trovare un chirurgo per l’intervento di riassegnazione del sesso. Come specifica all’inizio del film, Manitas si è sempre sentito una donna e ha deciso che è il momento di realizzare questo suo desiderio, anche se in segreto. Alla moglie Jessi (Selena Gomez) e ai figli farà credere di essere morto, per poi ripresentarsi anni dopo fingendosi una parente di Manitas: Emilia Pérez, appunto. Pioggia di premi e applausi. Però, via via che il tempo passa, anche di tante critiche. La prima? il fatto che la transizione e l’identità di genere, e tutti i loro connotati individuali, psicologici e sociali per molti vengono trattati con superficialità, ridotti a qualche scambio di battute o alle lyrics di alcune canzoni. Non a caso, si è ironicamente parlato di “trans rights” e “trans wrongs” in riferimento a ciò che il film farebbe per la comunità.

Similmente, Audiard è stato accusato dal pubblico messicano di aver approcciato in modo "troppo leggero" problemi complessi quali il traffico di droga e il fenomeno delle persone scomparse in Messico. Tant’è che in occasione della première a Città del Messico la scorsa settimana il regista francese si è sentito in dovere di scusarsi: "Ho voluto creare un dialogo, non offendere", "lo scopo del cinema resta quello di provocare domande, non di dare risposte". Dubbi sulle scelte di casting – nel film una sola attrice con ruolo secondario, Adriana Paz, è messicana – sul “pessimo” spagnolo di Gomez e sul fatto che il film è stato girato per la maggior parte in Francia: il tutto, avrebbe contribuito a una rappresentazione stereotipata del Messico.

Il primo paradosso di Emilia Pérez sta quindi nel fatto che quelle comunità che il film voleva rappresentare sono le stesse che più lo stanno criticando. Non a caso Vox lo ha definito un "film ‘progressista’ con stereotipi retrogradi", preannunciando il suo successo alle nomination degli Oscar a causa dell’"affermato problema di “estremo whitewashing” dell’industria cinematografica". Il secondo paradosso sta nel fatto che i membri dell’Academy abbiano garantito 13 candidature a un film che parla di identità di genere e del Messico proprio nei giorni dell’insediamento al governo di Trump che, oltre ad aver firmato decreti esecutivi dichiaratamente transfobici, da anni è in lotta contro l’immigrazione specialmente dal Messico, fino al punto di voler cambiare il nome del Golfo. La notte degli Oscar, tra il 2 e il 3 marzo, si prospetta più interessante che mai.