Sabato 10 Agosto 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

Il film e il tabù: "Io, una madre normale che odia il suo neonato"

Al festival di Locarno “Salve Maria“ della regista catalana Mar Coll "Si può rifiutare un essere innocente? In realtà accade più di quanto si pensi".

Il film e il tabù: "Io, una madre normale che odia il suo neonato"

Al festival di Locarno “Salve Maria“ della regista catalana Mar Coll "Si può rifiutare un essere innocente? In realtà accade più di quanto si pensi".

Una madre, una madre disorientata, una madre che vede quel figlio come un corpo estraneo. Un corpo che si ciba del suo stesso corpo, un piccolo essere che la sta mangiando. Una madre che ha strane visioni, nelle quali è difficile tracciare il confine tra realtà e allucinazione. Una madre che accarezza, nella propria mente, il suicidio e l’infanticidio.

È denso di temi forti Salve Maria, il film – basato sul romanzo della scrittrice basca quarantenne Katixa Agirre, Las madres no (Le madri no) – che ha aperto ieri il concorso internazionale al festival di Locarno. Laura Weissmahr interpreta un personaggio femminile lacerato, una donna che non riesce a confessare neanche a se stessa i suoi pensieri più bui: la sensazione di non avere senso materno, di odiare quel bambino che piange, che vomita il suo latte. Il suo mondo fragile sta per crollare, quando legge la notizia di una madre francese che ha affogato i suoi due gemelli di dieci mesi. Quella vicenda, quella storia divengono per lei un’ossessione. Non smette di pensarci, si sente come trascinata in quella direzione. L’infanticidio, per lei, diventa una possibilità.

Un po’ dramma intimista, un po’ thriller psicologico, Salve Maria è girato in catalano, con un’attrice – Laura Weissmahr – che si affaccia per la prima volta sul grande schermo. "Come si può rifiutare un neonato, la cosa più innocente e pura che ci sia? Ma si dà il caso che esista anche questo", dice Mar Coll, la regista, catalana, 43 anni. "Può accadere a chiunque. E questo volevamo sottolineare nel film. Non c’è un marito prepotente o manesco alle spalle, non c’è una situazione familiare di degrado, tensioni o litigi: semplicemente questa cosa accade. E potrebbe accadere a ognuna di noi". La regista e la sceneggiatrice, Valentina Viso, sono madri. "È stato difficile scrivere il film e pensare ai nostri rispettivi figli", dice la regista. "Quando abbiamo scritto, Valentina aveva già due bambine e io un figlio di 15 mesi. Abbiamo parlato insieme della maternità, dei suoi dolori ma anche delle sue gioie".

Non ha figli, invece, la protagonista Laura Weissmahr. "Non sono una madre, e ogni volta che avevo il bambino fra le braccia avevo davvero paura che cadesse: così come mi stressavo moltissimo quando piangeva". La regista sorride: "In fondo, è proprio quello che volevamo da te, sul set. Il tuo non essere madre ha giocato a nostro favore". Mar Coll aggiunge: "Abbiamo fatto un film molto fisico, non un film intellettuale. Per questo ci sono molte scene di allattamento al seno. È il momento in cui i due corpi, quello del neonato e quello della madre, sono in comunicazione più intima. Ma è anche il momento in cui il bambino ti mangia, letteralmente, ti divora".

Nel film, si rende omaggio a chi ha trattato questi temi in passato: "Citiamo Simone de Beauvoir o Sylvia Plath, che erano già citate nel libro di Agirre, per rendere omaggio a chi prima di noi ha trattato questi temi tabù. Perché il nostro film non vuole giudicare, ma vuole capire e umanizzare il personaggio che racconta, per capire com’è che certe cose possano accadere".

Un cenno anche sul titolo, Salve Maria, così diverso da quello del romanzo, Le madri no – mentre è stato mantenuto il catalano, la lingua in cui il romanzo è stato scritto. "Abbiamo scelto un titolo immediatamente comprensibile a tutti", dice Mar Coll. Maria è la madre, l’immagine stessa della madre, di tutte le madri del mondo. Ed è il simbolo della salvezza".