Sabato 22 Febbraio 2025
NICOLE FOUQUE’
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Il fascino della follia

È stato il bello e dannato, il ragazzo conteso, l’animo sensibile e quello ribelle. Dice di essere un perfezionista, che...

Giancarlo Commare ha interpretato Ivano Russo nella serie ’Avetrana - Qui non è Hollywood’

Giancarlo Commare ha interpretato Ivano Russo nella serie ’Avetrana - Qui non è Hollywood’

È stato il bello e dannato, il ragazzo conteso, l’animo sensibile e quello ribelle. Dice di essere un perfezionista, che "a volte è un bene e a volte ti logora". È in grado di conquistare la platea di un teatro o quella di una sala cinematografica, sa ballare e il suo sguardo ha già stregato un’ampia fetta di adolescenti. Giancarlo Commare è tra gli interpreti emergenti più amati dal

pubblico giovane.

Come nasce il suo lavoro di attore?

"La mia passione per la recitazione è nata in teatro. Finché ho frequentato l’Accademia Teatrale la mia idea era che la mia carriera dovesse svilupparsi in questo ambito. Invece poi, grazie alla mia ex-agente, ho iniziato a fare dei provini che sono andati bene e ho iniziato questo rapporto con la cinepresa e da lì mi sono innamorato del cinema sempre di più".

Come ha affrontato il passaggio dal teatro, luogo sacro per molti attori, al Grande schermo?

"All’inizio è stato ostico e difficile adattarsi perché in teatro si lavora più in macro, invece al cinema dovevo imparare a lavorare in micro. Con gli anni questo amore è cresciuto sempre di più e adesso non ne posso fare più a meno".

Le serie tv sono diventate il nuovo cinema, con tempi meno impegnativi si realizzano prodotti di grande qualità. Cosa ne pensa?

"Le differenze tra cinema e serie TV sono tante, perché nella serialità si corre molto di più, i tempi sono più stretti rispetto a un film. Ovviamente ci sono casi e casi: ad esempio, per ’Maschile Plurale’ abbiamo girato in soli 17 giorni, quindi è stato molto veloce, ma c’è stata tutta una preparazione prima di arrivare sul set. Al contrario, su un set come quello di ’Eterno Visionario’ con Placido, può capitare che un’intera giornata di lavoro sia dedicata alla buona riuscita di un’unica scena. In quei casi il tempo a disposizione è maggiore e si possono curare più dettagli".

C’è un ruolo che le è rimasto particolarmente nel cuore in questi anni di carriera?

"Senza dubbio quello di Rocco Amato ne ’Il Paradiso delle Signore’. Un personaggio fondamentale per la mia crescita professionale, perché ho dovuto imparare il mestiere, direttamente sul campo, affrontando tempi serrati e grandi responsabilità. Un personaggio a cui sono molto legato anche per motivi personali: mi ha divertito tantissimo interpretarlo perché mi ricorda mio nonno, e incarna perfettamente quelle caratteristiche che appartengono alle mie radici. Rocco è siciliano, di Partanna, un paese vicino a Castelvetrano, la mia città natale, e questo legame con la mia terra lo ha reso ancora più speciale per me".

La serie ’Avetrana - Qui non è Hollywood’ è stata di grande interesse per la critica e per la grande somiglianza con i protagonisti reali della storia. Che tipo di esperienza è stata per lei?

"Ho percepito un forte senso di squadra e un profondo rispetto per la storia raccontata. Tutti lavoravamo con passione per un obiettivo comune. Una cosa che mi ha colpito tantissimo è stata Alessandra Vita, il caporeparto trucco. Ogni mattina mi applicava i peli per la barba finta con un’estrema cura e precisione. Vederla lavorare con così tanto amore mi ha profondamente emozionato, perché grazie a quel piccolo gesto iniziavo a entrare nella magia del personaggio. È raro trovare un ambiente così e per questo considero questa esperienza un regalo umano bellissimo".

’Avetrana –Qui non è Hollywood“ è incentrata sull’omicidio di Sarah Scazzi, cosa le suscita questa vicenda?

"Il mio approccio rispetto ai fatti di cronaca è di rimanerne sempre un po’ in disparte. Tante storie mi fanno male, perché sono una persona molto empatica e sensibile, e a volte certi racconti mi turbano profondamente. Le seguo, certo, ma cerco di farlo con un certo distacco. Quello che la serie denuncia—la morbosità, la violenza mediatica—faccio davvero fatica a concepirlo. Il rispetto per le vittime, per i familiari, per chi rimane, dovrebbe essere assoluto, e invece spesso ce lo dimentichiamo".

Su cosa le piacerebbe mettersi alla prova come attore in futuro?

"Sicuramente studiare, aprire la porta e incontrare un personaggio che possa farmi vivere la follia perché la trovo molto affascinante. Prestare il volto a qualcuno considerato folle ma che magari non lo è".