Lunedì 3 Marzo 2025
REDAZIONE MAGAZINE

Il documentario: "Israeliani e palestinesi vivano insieme"

Bandita la politica dalla cerimonia di Los Angeles. Fa eccezione il discorso degli autori di “No Other Land“.

Bandita la politica dalla cerimonia di Los Angeles. Fa eccezione il discorso degli autori di “No Other Land“.

Bandita la politica dalla cerimonia di Los Angeles. Fa eccezione il discorso degli autori di “No Other Land“.

Neanche fosse andato a lezione all’ultimo Sanremo da Carlo Conti, il nuovo presentatore Conan O’Brien ha veramente fatto di tutto affinché la 97ª cerimonia degli Oscar si svolgesse in una bolla apolitica, fuori dal tempo se non addirittura indietro nel tempo, con ogni battaglia sociale – dal #MeToo al Black Lives Matter – anestetizzata come l’oliva nel Martini di quel James Bond al quale l’Academy ha reso omaggio con canzoni e balletto aperto dalle falcate sexy di una fin troppo anacronisticamente ammiccante Margaret Qualley.

Lasciata fuori dall’ingresso principale, la politica è comunque riuscita a fare le sue incursioni sul palco del Dolby nelle parole di Daryl Hannah che, presentando l’Oscar per il montaggio, ha lanciato il grido “Slava Ukraini” (gloria all’Ucraina), e in quelle del collettivo israelo-palestinese formato da Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal vincitori della statuetta per il miglior documentario con No Other Land. Il palestinese Basel Adra ha ritirato il premio dicendo: "Ho promesso a mia figlia, nata due mesi fa, che non avrebbe vissuto quello che sto vivendo io sotto l’occupazione israeliana: chiediamo di fermare la pulizia etnica dei palestinesi"; il giornalista israeliano Yuval Abraham ha aggiunto: "Questo film è stato fatto insieme da palestinesi e israeliani. Insieme chiediamo che finisca la distruzione di Gaza, che gli ostaggi israeliani vengano liberati e chiediamo anche una soluzione politica che ponga fine a un regime per il quale io sono libero e lui – e indica Basel – non può esserlo. Noi siamo tutti interconnessi: non è troppo tardi, io posso essere al sicuro solo se la gente al mio fianco è a propria volta libera e sicura".

Girato nell’arco di cinque anni, dal 2019 al 2023, il doc racconta, giorno dopo giorno e violenza dopo violenza, la distruzione della piccola comunità rurale di Masafer Yatta, in Cisgiordania, da parte dell’esercito israeliano. Una barbarie a cui Basel assiste sin dall’infanzia e che a un certo punto inizia a documentare con la videocamera; sullo sfondo delle macerie, nasce l’amicizia tra l’attivista palestinese Basel e il giornalista israeliano Yuval, che si unisce alla lotta e collabora alla testimonianza di ciò che sta avvenendo. No Other Land ha battuto l’ucraino Porcelain Wars su tre artisti soldato e le loro fragili creazioni sulla linea del fronte. Con buona pace del ministro della cultura israeliano Miki Zohar che ha definito il verdetto dell’Academy "un momento triste per il cinema", è stata una grande vittoria per una pellicola che negli Usa, a causa del soggetto, non è riuscita a trovare un distributore e che in Italia torna nelle sale da giovedì.