Giovedì 26 Dicembre 2024
DAVIDE NITROSI
Magazine

Il coraggio di pensare oltre il capitalismo

Il sistema è in crisi e il filosofo giapponese Saito Kohei propone la via “verde“ di un "comunismo della decrescita" per garantire il futuro

Charging Bull. ,. la statua in bronzo di Arturo Di Modica divenuta simbolo di Wall Street

Charging Bull. ,. la statua in bronzo di Arturo Di Modica divenuta simbolo di Wall Street

Il capitalismo non gode di buona stampa e neppure di buona salute. Ma non è detto che la notizia debba gettarci nello sconforto. C’è sempre stato qualcosa oltre il capitalismo selvaggio: dal liberalismo compassionevole al socialismo liberale, dalla socialdemocrazia del welfare (in Europa) a modelli socialisti (con annesse delusioni e fallimenti). E oggi, in questo percorso si inserisce il libro di economia più eversivo ma forse più citato degli ultimi mesi: Il capitale dell’Antropocene, pubblicato da Einaudi, scritto da Saito Kohei, filosofo marxista dell’Università di Tokyo, molto ascoltato dalla sinistra europea.

Kohei, classe 1987, enuncia tutti i limiti sia del capitale, sia del modello keynesiano (definiamolo riformismo sociale) nel dare risposte efficaci all’emergenza climatica, che si riverbera sulla salute sociale del mondo contemporaneo. Kohei è piombato come un meteorite sul lungo dibattito legato alla crisi del capitalismo. Non punta a salvare un modello, ma a cambiarlo completamente.

Ritorno al marxismo? Troppo semplice. Il filosofo giapponese rilegge Marx ragionando su quale crescita (o a-crescita, per dirla alla Latouche) ci renda felici, e traccia un’ipotesi di società che dovrebbe garantire un futuro al pianeta, alternativo – spiega – al modello produttivo che dopo aver provocato il climate change non può rimediare con politiche climatiche riformiste.

Dicevamo di Serge Latouche: Il capitale dell’Antropocene deve molto alla lettura dell’economista francese, ma poi spinge la filosofia della decrescita nelle braccia di un nuovo maxismo. Nel libro di Kohei si parla di "comunismo della decrescita basato su solidarietà reciproca e autonomia" criticando il comunismo statalista dell’ex Urss perché inseguiva "il modello produttivista".

Si riprende quindi il valore del sistema comunità, si citano le cooperative di Barcellona, l’economia solidale del capoluogo catalano. Rivoluzionario? In realtà il libro di Kohei è l’ultimo tassello di un percorso. Le critiche alle distorsioni del capitalismo hanno seguito la storia, già dall’apice della Rivoluzione industriale (non a caso Marx scrive Il Capitale nel 1848).

Oggi qualcosa è ulteriormente cambiato, in maniera radicale. È un mix che mette a repentaglio il futuro del mondo. La crisi finanziaria del 2007, quella del debito sovrano del 2011 con l’umiliazione della Grecia e della Spagna, le distorsioni della globalizzazione, il lavoro modificato dall’economia delle grandi piattaforme. Un contesto in cui si sono inserite le nuove guerre che ipotecano anche il futuro europeo, e infine l’emergenza climatica. Economisti e politici hanno cominciato a chiedersi se il capitalismo sia in grado di garantire il progresso umano a tutti.

Angus Deaton nel libro Grande fuga (Il Mulino 2015) ne era convinto. Poi lo stesso Deaton con Anne Case in Morti per disperazione (Il Mulino, 2021) smantella parte dell’ottimismo sul capitalismo americano senza però condannarlo: insiste sulla necessità di aumentare i salari e garantire, attraverso lo Stato, un’assistenza sanitaria generale. Correttivi per garantire l’eguaglianza.

In Gran Bretagna Colin Crouch con Salviamo il capitalismo da se stesso (Il Mulino, 2018) ha indicato una strada per riformare l’attuale modello capitalista: evitare le sirene nazionaliste e xenofobe, ma allargare il potere dei grandi organismi sovranazionali, oltre lo stato-nazione. Poi però arrivano Trump e i suoi seguaci europei e latinoamericani, emerge Elon Musk come concentrato di potere senza controllo democratico, il clima impazzito spaventa l’umanità.

E così risuona ancora il “che fare” di un tempo e cresce la sfiducia nella possibilità di riformare il sistema. Ecco allora che arriva la tesi di Kohei. Il dibattito non è finito. Piuttosto, è il tempo per trovare una ricetta di società più giusta che manca.