Mercoledì 2 Ottobre 2024

Il cacciatore di storie

Paolo Briguglia è protagonista di due serie tv e del programma ’Ci vediamo al bar’ "Le vite degli altri mi incuriosiscono" .

Il cacciatore di storie

Paolo Briguglia ha esordito nel ’99 diretto da Luca Guadagnino

Anzitutto Ci vediamo al bar, dal 5 settembre su Food Network, dove, assieme a Giusi Battaglia, ci regala i sapori della sua Sicilia seguendo il filo di Arianna dei bar storici dell’isola. Poi le due serie televisive che lo vedono protagonista in tivù. Nella prima, I fratelli Corsaro – in onda su Mediaset dall’11 settembre – veste i panni dell’avvocato Roberto Corsaro e, assieme all’altro protagonista, Beppe Fiorello (che di mestiere fa il giornalista), cerca di orientarsi nell’affascinante labirinto di una Palermo lacerata da delitti e passioni. Per la serie Brennero, dal 16 settembre su Rai 1, gli è stato invece cucito addosso l’abito del cattivo, e in particolare del mostro di Bolzano, autore di cinque delitti tra il 1985 e il 1992. Per Paolo Briguglia è un autunno caldo, caldissimo. Ed è solo l’ultimo tassello di una carriera cominciata all’inizio degli anni Duemila, quando si fece conoscere al grande pubblico lavorando con Marco Tullio Giordana ne I cento passi, Enzo Monteleone – che in El-Alamein gli affidò la divisa del soldato Serra – e Marco Bellocchio in Buongiorno, notte. Il suo curriculum l’ha ulteriormente impreziosito con Pupi Avati, Sergio Rubini, Giuseppe Tornatore e Rocco Papaleo. Una delle ultime serie che lo hanno rapito professionalmente I Leoni di Sicilia aveva ancora come sfondo la sua terra.

Briguglia, sembra quasi che la Sicilia per lei sia un destino…

"Diciamo che sta accadendo spesso in questi ultimi anni. Il che è frutto del processo di regionalizzazione degli attori, che li porta a occuparsi del proprio territorio. Comunque, ne sono felice".

Le due serie tv che la vedono protagonista raccontano due terre molto diverse, la Sicilia e l’Alto Adige. C’è qualcosa che le lega?

"Ovviamente sono situazioni e luoghi diversi. Nel caso di Brennero, interpreto un ruolo molto particolare. Il mostro c’è, ma si vede poco. Perciò mi sono impegnato molto per costruirlo nel modo giusto. La serie con Beppe Fiorello è stata altrettanto stimolante. Lavorare con lui mi ha dato l’opportunità di riscoprire il rapporto tra fratelli, che poi è anche uno dei punti di forza della serie".

Con Giusi Battaglia invece è alla seconda stagione. Cosa significa per un attore esplorare il mondo dei sapori?

"Vuol dire spogliarsi di certe maschere ed essere se stessi. E lì sono semplicemente Paolo, faccio ciò che mi piace".

E cosa piace a Paolo?

"Sono una persona curiosa, adoro parlare con le persone, scoprire le loro storie. E Ci vediamo al bar mi permette di farlo divertendomi. Anche perché sono un gran chiacchierone".

Lei ha interpretato tanti personaggi. Ce n’è uno al quale è particolarmente affezionato?

"Senza nulla togliere alle tante cose che ho fatto, El-Alamein è stato un’esperienza incredibile. Per le riprese siamo andati in un villaggio del Marocco che non fa parte dei soliti circuiti turistici. Ricordo certe incredibili giornate nel deserto, con 49 gradi all’ombra e la sensazione di essere in un altro mondo. Mi è piaciuto molto anche il personaggio, il soldato Serra, giovane idealista universitario. Avevo più o meno la sua età, allora, perciò è stato facile affezionarmi a lui. Ma sono molto legato anche a I cento passi. E non solo perché vestivo i panni del fratello di Giovanni Impastato (il fratello di Peppino, ndr). Ricordo infatti che dieci anni dopo l’uscita del film tornai a Cinisi nella casa del mafioso Tano Badalamenti, che era stata confiscata ma si trovava ancora in una specie di limbo. Entrai nel salone di quella casa, abitata da vecchi fantasmi, e mi ritrovai a cantare con il regista e la famiglia Impastato la canzone che un cantautore locale aveva dedicato a Peppino. Fu una grande emozione".

Meglio il cinema o la tivù?

"Mi piacciono entrambi. E la tivù non è più un tabù. Ancora negli anni ’90 la si riteneva grossolana, oggi non è più così; anche lì c’è tanta qualità".

Cosa c’è nel futuro di Paolo Briguglia?

"Al momento sto lavorando sul set della serie tv ’Le libere donne’ di Michele Soavi, ambientata in un ospedale psichiatrico negli anni della guerra. Vestirò di nuovo i panni di un personaggio cattivo e violento con le donne".

Cosa vuol dire fare l’attore?

"Per me significa scomparire nei personaggi che interpreto. E sono contentissimo di averne incontrati tanti e tutti diversi tra loro".