Milano, 24 agosto 2023 – C’è un mondo di affetti e di ricordi virati verso la nostalgia dietro quel "waladi habibi ta’aleena" ("figlio mio, amore, vieni qua") che Mahmood canta in arabo tra i battimani di "Soldi". Nel piccolo parco di Gratosoglio in cui Alessandro passava l’infanzia tra i suoi giochi di bambino, infatti, era quella la frase con cui papà Ahmed lo invitava a rincasare. Poi la separazione dei genitori e l’inizio di un’altra vita. Quella scivolata in canzoni sempre legate da un agrodolce filo di tenerezza al vuoto del ricordo. "Mio padre se n’è andato quando avevo 5 anni, ma non ho mai sofferto moltissimo per la sua assenza" raccontava lui nelle interviste già dopo la vittoria del 2019.
"Mia mamma era preoccupata, ma io ho passato un’infanzia e un’adolescenza bellissime, perché lei non mi ha fatto mancare niente". Dopo l’avventura del Festival aveva sentito pure papà. "Mi ha fatto i complimenti, penso che sia orgoglioso di me" aveva detto, aggiungendo: "Ho un bellissimo rapporto con la famiglia materna: mamma ha 12 fratelli e siamo una marea di cugini. Ma sono andato pure due volte al Cairo da papà, all’età di 8 e 12 anni. Ho ricordi bellissimi pure di quei viaggi, perché lì ho visto la felicità nelle piccole cose. Mi piacerebbe tornarci, magari anche a cantare".
Il pezzo, arrivato primo all’Ariston e secondo all’Eurovision in quell’anno da incorniciare, non era un’invettiva contro la figura del genitore svanito, ma la trasfigurazione di un ricordo. L’anno successivo pure alla "Notte della Taranta" Mahmood cantò un pezzo in lingua araba, "Sabri aleel", col ricordo di papà sullo sfondo ("Perché dovrei avvicinarmi se ogni volta corri via da me? Mi tieni sveglio la notte mi hai portato via l’anima, la vita, la mente e mi hai lasciato con un cuore lacerato").
Si trattava di un successo giovanile di Sherine (all’anagrafe Sherine Sayed Mohamed Abdel-Wahab) carico di arabesque. "Una canzone che piaceva moltissimo a mio padre" ammise in quella circostanza Alessandro spiegando la scelta. "Quando ero bambino, ce ne andavamo in giro in auto, mi faceva ascoltare alla radio motivi arabi e uno dei pochi che mi ricordo bene è proprio questo". Ma la figura di papà Ahmed affiorava già nel primo album ‘Gioventù bruciata’ ne ‘Il Nilo nel Naviglio’ dove si parlava di relazioni e distacchi ("dormo in macchina per cancellare l’alcol dalla testa la maglia Lacoste è l’unica cosa che di te mi resta ma ora dimentichi i miei modi di fare da bambino quando la notte confondevamo sempre il Naviglio con il Nilo").
Mondi lambiti pure da ‘Ghettolimpo’ eponimo del suo secondo album. "’Ghettolimpo’ è una preghiera libera dedicata a tutti coloro che si rivolgono al cielo", diceva. "Qui ripercorro le mie origini, facendo iniziare il brano con un canto che riprende quello di un muezzin arabo: un ricordo legato a quando passavo le estati in Egitto da bambino e udivo questa melodia potente che scandiva le cinque preghiere della giornata. Sento quell’influenza e quella cultura come parti di me e sono spunti che tornano nei miei brani".