Venerdì 2 Agosto 2024
GIUSEPPE DI MATTEO
Magazine

"Ho scritto sfidando l’intelligenza artificiale"

L'autrice Valentina Federici sfida l'Intelligenza Artificiale nella scrittura di racconti, evidenziando differenze e potenzialità, con l'obiettivo di comprendere e tutelarsi dall'impatto dell'IA nel futuro.

I racconti sono due e tutto sommato si leggono volentieri. Ma attenzione. Sotto la patina dell’apparente normalità si cela una sfida narrativa e molto interessante: quella tra un essere umano – l’autrice esordiente Valentina Federici, professione avvocato –,

e l’Intelligenza Artificiale (per la precisione, una composizione di cinque IA diverse: GPT 3.5, GPT 4, Claude 1, Claude 2 e DeepL), la nuova frontiera di questo secolo. A fare da arbitro alla singolare tenzone è stata la casa editrice Il Castoro, che con Viaggio oltre l’ignoto (192 pag., 15 euro) si è proposta di varcare le colonne d’Ercole della narrativa moderna andando alla ricerca di nuovi mondi. Più o meno è andata così: a entrambe, autrice e macchina, sono state affidate le stesse regole di lavorazione (identici input e il medesimo numero di fasi di scrittura). Poi ognuno ha fatto la propria scelta. A coordinare l’esperimento di scrittura ci hanno pensato Pierdomenico Baccalario, Marco Magnone e Davide Morosinotto, che una volta calato il sipario dei racconti hanno anche fornito una sorta di libretto delle istruzioni. Il volume è infatti accompagnato da una prefazione e da una riflessione che si propone di esplorare il sentiero, ancora sconosciuto, dell’IA. Ma torniamo alla sfida: i racconti di Federici e dell’IA sono per certi aspetti simili, ma ovviamente non si equivalgono. Ed è meglio sgombrare il campo da un equivoco: entrambe hanno scritto puntando sui sentimenti, ma a quanto pare l’Intelligenza Artificiale ha puntato molto di più su questo aspetto, il che spalanca autostrade infinite di discussione. "È stato incredibile e bello gareggiare con l’IA – spiega Valentina Federici – anche se

all’inizio avevo molta paura".

Paura di cosa?

"Onestamente? Di fare brutta figura. Per questo ho cercato di essere anche molto ironica. Le differenze sono comunque venute a galla: diciamo che l’IA non riesce ancora a staccarsi da certi schemi prestabiliti, anche se la sua scrittura piace molto. L’ho verificato di persona, con alcuni ragazzi, durante i miei laboratori di scrittura".

Ma non è pericoloso affidarsi all’IA? E come ci si tutela?

"L’obiettivo di questo libro è spiegare cosa è l’IA. Che avrà un impatto enorme sul nostro lavoro, piaccia o no. Perciò bisogna imparare anzitutto a conoscerla. Troppa gente ne ha un’idea molto superficiale oppure la venera in modo acritico. Certo: è ancora difficile capire come tutelarsi, per esempio nel caso del diritto d’autore. Ma si sta lavorando in tal senso; il futuro è un’incognita ma non dobbiamo spaventarci".

Ma l’IA è una risorsa oppure no?

"Può esserlo. Ma a patto di salvaguardare lo spirito critico. L’IA è efficiente, l’essere umano possiede una certa discrezionalità. E allora, l’IA potrebbe essere utile come base d’appoggio, per esempio per offrire dei semilavorati da sviluppare. Vedremo".

L’IA prova sentimenti?

"Li possiede ma non li sente. Però quando ha scritto il racconto ha puntato molto sull’emotività".

Se avesse l’IA davanti, cosa le direbbe?

"Due cose: alla prossima sfida; e siamo noi, gli esseri umani, il vero e unico significante. Dobbiamo tenerlo a mente".