Sabato 18 Gennaio 2025
REDAZIONE MAGAZINE

Capelli e pelle: quali sono i principali usi dell’henné nero?

Facciamo chiarezza sulle caratteristiche e sugli usi di questa polvere, che è diversa da quella rossastra dell’henné propriamente detto. Bisogna poi stare attenti quando il prodotto è ottenuto chimicamente.

Crediti iStock - Hennè in diverse consistenze

L'henné, noto come ‘Lawsonia inermis’ in botanica, è uno dei componenti principali di molte tinture commerciali per il corpo e per i capelli. È una delle piante più antiche utilizzate per questo scopo. Le sue foglie erano usate già millenni fa nel Nord Africa e in Asia non solo per fini estetici, ma anche per i benefici psicologici e fisici che portavano, grazie alle sue proprietà astringenti e antimicotiche, come ha spiegato il dottor Khushboo Garodia, tricologo certificato, a Healthline.com. Aiuta inoltre a coprire i capelli grigi e a contrastarne la formazione, perché è ricco di tannini, un composto vegetale presente nei tè che contribuisce alla loro ricca colorazione.  

Hennè rosso vs hennè nero

Bisogna distinguere tra henné nero e henné rosso, due delle principali tipologie a cui si fa riferimento col termine generico henné, come spiega anche il sito Dalla macinazione della Lawsonia inermis, ancora oggi si ottiene una polvere bruno-rossastra, che è quella che viene usata come tintura naturale per capelli. L'henné nero, invece, si ottiene da una pianta diversa, l'Indigo (Indigofera tinctoria), che rilascia un pigmento bluastro e contribuisce a rinforzare e lucidare i capelli. Ha una funzione sebo-regolatrice che lo rende particolarmente adatto anche a chi ha i capelli grassi. Mentre l'henné tende a dare ai capelli un colore ramato, l’henné nero conferisce note di un marrone intenso su una base già scura. La polvere di Indigo può anche essere miscelata con l'henné. È efficace sui capelli grigi e funziona come una tintura permanente, al contrario dell'henné che è semipermanente. Un’altra differenza è questa: mentre l'henné tende a seccare i capelli, se non mescolato con creme idratanti naturali, l’hennè ricavato dalla pianta Indigo ha un’azione nutriente.  

Hennè per i capelli

In generale, quello che comunemente e genericamente viene definito hennè viene venduto sotto forma di polvere. Ovviamente sarebbe bene usare prodotti di alta qualità e rivolgersi a uno specialista onde evitare spiacevoli danni. Oltretutto a seconda di prodotti e specificità della cute si possono manifestare irritazioni e reazioni allergiche, soprattutto se l’impacco viene tenuto troppo a lungo sulla chioma. Chi ha i capelli crespi dovrebbe evitare l’henné o per lo meno usarlo in abbinamento a un buon idratante naturale, ma anche in questo caso la cosa migliore da fare è rivolgersi a un professionista qualificato. Il tricologo intervistato da ‘Healthline.com’ ha parlato di tre principali prodotti di henné presenti oggi sul mercato: - Henné naturale. Realizzato con foglie di hennè naturali, dona un colore ramato ai capelli. - Henné neutro. Ricavata dalla Cassia obovata, dona lucentezza ai capelli senza tingerli. - Henné nero. Questo, invece, è ricavato dalla pianta Indigo e tecnicamente non è henné. In commercio, poi, molti prodotti vengono presentati come henné nero; in realtà non contengono gli estratti di Indigo, bensì di una sostanza chimica chiamata parafenilendiammina (PPD). Attenzione perché può essere dannosa.  

I tatuaggi all'henné, pratica millenaria

La pratica di applicare l'henné su pelle e capelli è fortemente radicata nelle culture dell'Asia meridionale e centrale. Il primo utilizzo dell'henné risale al tempo dei Faraoni dell’Antico Egitto, dove veniva utilizzato per la mummificazione. In molti Paesi musulmani, ancora oggi gli uomini si tingono tradizionalmente la barba con l'henné. L'uso tradizionale più comune e longevo dell'henné all’interno di pratiche di body painting e body art può essere visto nelle cerimonie nuziali in cui le spose si fanno dipingere mani e piedi con motivi intricati e ghirigori mentre le altre partecipanti ai festeggiamenti cantano e ballano insieme (è conosciuta come arte del mehndi).  

Tattoo all’hennè nero artificiale

Al di là di queste tradizioni culturali, quando si vogliono fare dei tatuaggi all’henné, anche non permanenti, è bene fare attenzione per evitare reazioni allergiche. Nell’ultimo decennio, tra l’altro, c'è stato un aumento dell'uso dei coloranti all'henné nero artificiali. Il motivo è che spesso sono molto più economici e facili da produrre, ma spesso contengono ingredienti tossici o chimici che possono irritare la pelle e causare anche danni permanenti. Pochi anni fa, sulla rivista ‘Bmj Case Reports’, alcuni esperti dell'università di Sheffield hanno presentato un caso avvenuto su un bambino di 10 anni. Il bambino, raccontano i medici, si era fatto un tatuaggio sul braccio durante un viaggio in Spagna. Una volta tornato a casa, quattro giorni dopo, ha manifestato uno sfogo cutaneo intorno al tattoo, con prurito, bolle e infezione della pelle. Affinché guarisse è stata necessaria una settimana di cure con trattamenti antibiotici e creme al cortisone. Hanno scritto gli autori: «L'hennè che si usa per i tatuaggi è una combinazione di un pigmento naturale e di una sostanza chimica chiamata parafenilendiammina (PPD) ed è quest'ultima, usata per rendere l'inchiostro più scuro e per farlo asciugare prima, che causa reazioni allergiche. Questa sostanza è proibita nei prodotti per la pelle, ed è ammessa solo nelle tinture per capelli fino a un massimo del 6%, mentre negli inchiostri è presente anche in proporzione del 30%».  

Alcuni accorgimenti

Ci sono possibili avvisaglie da considerare? Alcuni indizi a cui prestare attenzione potrebbero in effetti esserci, ha aggiunto la ricercatrice Jaya Sujatha Gopal-Kothandapani sul sito ‘Livescience’: «Ci sono diverse differenze tra l'hennè innocuo e quello che causa allergie. La pasta naturale è verdastra, ha un odore che sembra naturale e lascia un segno di un marrone profondo. Quella pericolosa è invece nera, ha un odore “chimico”, si asciuga subito e può bruciare al contatto con la pelle». Questi e altri potenziali rischi sono stati trattati anche sulla pubblicazione ‘A scuola di salute’ dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù a Roma. In generale quando si vuol fare un tatuaggio, occorre fare attenzione all’inchiostro che deve essere nuovo e che non deve presentare le caratteristiche sospette già ricordate sopra. Ma non solo:

- l'ambiente scelto deve rispondere ai criteri igienici di uno studio dentistico; - l professionista deve lavarsi accuratamente le mani e indossare un paio di guanti sterili (presi da una confezione aperta al momento); - ok aghi e tubi usa e getta. Vanno bene anche se questi strumenti sono sterilizzati in autoclave e se si presentano in confezione sigillata.

Diversamente, in mancanza delle giuste condizioni, è meglio lasciar perdere. Per categorie come quelle delle donne in gravidanza o dei pazienti affetti da malattie croniche tatuaggi e piercing sono controindicati.