Giovedì 27 Giugno 2024
MARINA CALLONI*
Magazine

Buon compleanno Habermas, l’uomo che insegna a pensare da sé

I 95 anni del più importante filosofo del Novecento, studioso delle trasformazioni della “sfera pubblica“, intellettuale globale

Jurgen Habermas

Jurgen Habermas

Jürgen Habermas – il più importante filosofo del Novecento, ancora vivente e in attività – ha compiuto ieri 95 anni. È ormai noto non soltanto come un “classico della filosofia” (come ormai ricordato nelle antologie scolastiche), bensì per essere un attento studioso dei cambiamenti sociali e un arguto commentatore di fatti di attualità. Habermas è altresì un intellettuale pubblico globale, proprio per la sua attenzione verso problematiche politiche di interesse comune – dalla questione tedesca, alla riflessione sull’Europa unita fino al nuovo ordine mondiale –, nell’intento di comprendere la crisi delle attuali società liberali e l’insorgere di repressivi populismi.

Difficile riassumere l’imponente opera di Habermas, proprio per la vastità dei suoi interessi che vanno da voluminosi trattati filosofici, alla raccolta di scritti sulle trasformazioni delle società attuali fino a riflessioni su diverse tradizioni del pensiero occidentale, come espresso nell’opus magnum Una storia della filosofia (1700 pagine nell’edizione tedesca), di cui si è recentemente pubblicato il primo volume, a cui seguiranno il secondo e il terzo nel 2024 e 2025.

Habermas è conosciuto anche come uno degli appartenenti alla Scuola di Francoforte solitamente riferita ai fondatori Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, così come da loro concepita a partire dagli anni dell’esilio americano (per via del doppio stigma di essere marxisti ed ebrei), fino al loro ritorno nella Germania post-nazista per la costruzione di una società democratica.

Nonostante Habermas fosse stato assistente di Adorno negli anni Cinquanta, tuttavia la sua posizione filosofica si viene a distanziare fin dall’inizio dai padri fondatori, soprattutto per quanto concerne l’idea di ragione.

Se nel testo sulla Dialettica dell’illuminismo, Horkheimer e Adorno avevano individuato fin dagli albori dell’umanità un’idea di ragione strumentale, sfruttatrice degli esseri umani e della natura, Habermas concepisce invece la ragione come un processo linguistico di tipo normativo che è volta all’intesa, ma che proprio per questo è in grado di individuare atti strategici e violazioni. Questo è ciò che Habermas intende per “agire comunicativo” dove il mondo della vita viene distinto dagli intenti colonizzatori del sistema.

L’illuminismo – come definito da Kant – diventa per Habermas un riferimento imprescindibile per poter mantenere un ideale di emancipazione, nonostante che nei suoi ultimi scritti intraveda la corrosioni dei potenziali emancipativi nelle società odierne, sempre più radicalizzate e divise.

Per via delle sue posizioni, Habermas è stato considerato da molti teorici realisti come “un idealista”, perché distingue la normatività dai fatti. Tuttavia, se non ci fossero concetti “contro-fattuali” a cui riferirsi, non potrebbe neppure esistere la critica contro violenze, ineguaglianze e discriminazioni.

Fondamentali sono anche i nuovi concetti elaborati da Habermas per il rinnovo dello strumentario della filosofia politica, sociale e del diritto a livello internazionale. Basti ricordare il concetto di agire comunicativo (in grado di individuare le strumentalizzazione nelle azioni sociali e interpersonali), etica del discorso, pensiero post-metafisico (contro le tradizioni monistiche che impediscono il pluralismo) ed età post-secolare, dove viene ripreso il dibattito su fede e sapere, iniziato con l’allora Cardinale Ratzinger, nella riflessione sulle radici dei riti e nel ripensamento del ruolo della religione dopo la caduta dei regimi socialisti e in società laiche.

Uno dei più importanti concetti che hanno influenzato il dibattito pubblico degli ultimi decenni rimane tuttavia l’idea di sfera pubblica, che accompagna Habermas fin dal 1962, quando pubblicò il suo primo libro, tradotto in italiano con Storia e critica dell’opinione pubblica. Qui l’autore analizzava la mercificazione della sfera pubblica borghese, a causa della propaganda politica e degli imperativi di mercato.

Habermas è tornato ultimamente a trattare la questione della trasformazione della sfera pubblica nell’età dei social media, in quanto intravede un pericolo per la libera formazione della volontà politica e per processi di democrazia deliberativa, dove i cittadini possano esprimere liberamente la propria opinione, senza condizionamenti esterni.

La filosofia critica e la testimonianza esistenziale di Habermas insegnano soprattutto a “pensare da sé”, come Selbstdenken (secondo le parole di Arendt), che è la base stessa di una rinnovata Teoria Critica della Società.

E questo è anche ciò che ho imparato, se mi è permesso di concludere con un ricordo personale. Conosco Habermas fin dall’inizio degli anni Ottanta. Quando andai da lui a studiare a Francoforte subito dopo la laurea, ero piuttosto intimorita. Presentai a Habermas una mia corposa proposta di ricerca composta da molteplici citazioni e note, che mi pareva potesse dimostrare la mia “preparazione”. Invece, fissandomi negli occhi, Habermas, mi chiese: "Ma quale è il Suo punto di vista?". Ecco, non era interessato a cosa pensassero gli “altri”, bensì a come io mi ponessi di fronte ai problemi che intendevo trattare. Ed era ciò che più gli interessava: capire la mia mente, cercare la verità che è in ciascuno di noi. Una lezione che non ho mai scordato.

*Professoressa ordinaria di filosofia politica e sociale alll’Università di Milano-Bicocca e presidente della Società Italiana di Teoria Critica