Roma, 27 luglio 2020 - Le sirene antiaeree urlano, in modo assordante. Il fuoco consuma edifici e vite umane, i palazzi si sgretolano, spazzati via da una potenza distruttiva mai vista. Aveva ben impressa la devastazione vissuta dal popolo giapponese il 6 e 9 agosto 1945 a Hiroshima e Nagasaki, Ishiro Honda, regista di Godzilla (1954), il capostipite dei film sul dinosauro atomico diventato icona del cinema di fantascienza. Honda si mette dietro la macchina da presa dopo solo 9 anni da quando l’arma più micidiale ideata dall’uomo è stata testata al prezzo di almeno 200mila morti, quasi tutti civili.
Il legame tra energia nucleare e Godzilla (Gojira in originale) è voluto e diretto: sono gli esperimenti al largo del Pacifico, infatti, a risvegliare e potenziare il rettile gigante, che vive sui fondali marini. La sequenza di apertura del film, dove alcune navi vengono distrutte da una creatura che si scoprirà essere Godzilla, è ispirata a un fatto di cronaca accaduto proprio nel 1954. Si tratta dell’incidente della Daigo Fukuryu Maru, peschereccio che si era avvicinato troppo all’atollo di Bikini, dove gli americani conducevano esperimenti nucleari, e il cui equipaggio fu esposto a radiazioni (il telegrafista morì qualche mese dopo).
Tutta la saga di Godzilla – 32 film ufficiali prodotti dalla Toho più i remake americani, l’ultimo dei quali, Godzilla vs Kong, uscirà nel 2021 – ha legami con l’energia atomica e, più in generale, con l’irresponsabilità dell’uomo nell’ideazione e sfruttamento di forze che non riesce a controllare. Il film capostipite si conclude infatti col suicidio dell’inventore dell’arma che ha neutralizzato Godzilla: il dottor Serizawa preferisce morire piuttosto che lasciare questo distruttivo congegno nelle mani sbagliate.
"Il mio messaggio è che la Bomba può portarci a terribili tragedie – ha chiarito Honda, citato nell’informatissima guida Godzilla e altri Kaiju di Jason Barr (Edizioni Odoya) –. Un nuovo Godzilla può sempre sorgere a distruggere l’umanità". Il mostro diventa così "simbolo della complicità umana nella propria distruzione", anche per Jun Fukuda, altro regista storico della saga. Ma Godzilla e i film di kajiu (termine con cui si indicano i mostri giganti) sono solo un esempio di come l’apocalisse nucleare abbia segnato l’immaginario nipponico.
Film, fumetti, cartoni animati: la lista è interminabile. Citiamo almeno Gen di Hiroshima, manga autobiografico di Keiji Nakazawa, pubblicato in Giappone tra il 1973 ed il 1987 (in Italia da 001 Edizioni). L’autore, un hibakusha (superstite) al bombardamento di Hiroshima, racconta le terribili condizioni del Dopoguerra attraverso gli occhi di alcuni ragazzi costretti a crescere in fretta, senza risparmiarne gli orrori.
Poi c’è il filone di fantascienza post-atomica. Famosissimo Akira, manga di Katsuhiro Ōtomo, serializzato in patria tra 1982 e 1990 e appena riedito in Italia da Panini Comics. Bande di giovani motociclisti si muovono nella Neo-Tokyo del 2019, in uno scenario plasmato dal terzo conflitto mondiale. La metafora di un Giappone alle prese con la crescita economia (anni ‘80) e la crisi successiva è marcata: un Paese che si è risollevato in fretta dalla distruzione post-bellica diviene facile preda di affaristi e politici senza scrupoli.
In un mondo dominato dalla violenza e dalla sopraffazione si muove Ken il guerriero, eroe del manga di Tetsuo Hara e Buronson, pubblicato in patria a partire dal 1983, la cui trasposizione animata è un cult anche in Italia. Azione ed esagerate arti marziali sono il marchio di fabbrica di questa epopea, dove i sopravvissuti all’olocausto nucleare sono ridotti a vivere in oasi in mezzo al deserto, assaltate da predoni di una perfidia caricaturale. Infine, vale almeno una menzione il capolavoro Nausicaa della valle del vento di Hayao Miyazaki, poetico manga serializzato tra 1982 e 1994, in cui, di fatto, solo il ritorno all’armonia tra la Natura e l’uomo possono portare alla rinascita del mondo devastato dall’Apocalisse nucleare.