di Giovanni
Serafini
Lo sguardo nascosto dietro lenti affumicate, i capelli in battaglia, la voce aspra e strascicata, il tono nasale un po’ arrogante … Lo ricorderemo così Jean-Luc Godard, il padre della “Nouvelle Vague”, l’uomo che con Truffaut, Rohmer e Chabrol rivoluzionò il cinema francese. Un iconoclasta, un provocatore, un seduttore, un genio amato da intellettuali con i quali riusciva sempre a litigare, un timido che per esistere doveva graffiare e ferire. Un "tesoro nazionale", ha sintetizzato il presidente Emmanuel Macron. "Jean-Luc Godard si è spento serenamente", dice il comunicato ufficiale, nella sua casa di Rolle, in Svizzera, affacciata sul lago di Ginevra, assistito dalla compagna Anne-Marie Miéville. Aveva 91 anni. "Non era malato, era soltanto esausto. Ha fatto ricorso al suicidio assistito", ha precisato il quotidiano Libération, il primo a dare la notizia.
Sessant’anni di carriera, un centinaio di film alcuni dei quali sono state apparizioni luminose nel firmamento cinematografico. À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro), che nel 1960 rivelò una straordinaria Jean Seberg e lanciò Belmondo. Le mépris (Il disprezzo), girato nel 1963 nella villa di Malaparte a Capri, con una deliziosa Brigitte Bardot. Infine Pierrot le fou (Il bandito delle 11), in cui Godard punta la cinepresa sulla moglie Anna Karina poco prima che infedeltà reciproche, fughe e tentativi di suicidio lacerassero la coppia. Tre film cult che fanno da soli la grandezza di un artista.
Era un uomo difficile, nemico irriducibile dello star-system. Inneggiò al Sessantotto, divenne un alfiere della gauche, interruppe il Festival di Cannes scontrandosi con Polanski che lo definì "uno stalinista". "Frequentava dei maoisti imbecilli", disse la sua seconda moglie Anne Wiazemsky, protagonista de La chinoise. Amava il football e il tennis. Odiava la televisione, "enorme imbroglio della nostra epoca".
Di Truffaut, che era stato il suo amico più intimo, disse che si era venduto al botteghino, il che non gli impedì di chiedergli allo stesso tempo dei soldi. "Ti stai comportando come una merda", rispose Truffaut in una lettera passata ai posteri. Anche Godard, come l’autore di Baci rubati, aveva rischiato di diventare “un piccolo delinquente di Pigalle”. Come lui aveva la passione del cinema, dei libri e delle ragazze. Un giorno scappò con la cassa dei Cahiers du Cinéma, la rivista cui collaborava, per godersi una vacanza galante in Svizzera.
Il suo vero debutto nel cinema avviene nel 1960 quando propone a Jean Seberg, appena sbarcata da Hollywood a Parigi, il ruolo di protagonista in À bout de souffle. Già alle prime riprese lei ha voglia di piantar tutto: "Come faccio a lavorare con questo clochard incapace di guardarti negli occhi? Tutto è improvvisato, mi cambia le battute all’improvviso". Ma dopo qualche giorno l’opera prende forma e Jean ne è affascinata: il film diventerà il manifesto di una nuova generazione di cineasti.
Dopo Jean Seberg è il turno di Hanne-Karin Beyer, mannequin danese ribattezzata Anna Karina da Coco Chanel. Godard l’ha vista in una pubblicità di Mon savon e se n’è invaghito. Le propone un ruolo nel Petit Soldat. "Dovrai denudarti, far vedere i seni", le dice. "E che altro?", risponde lei indignata, voltandogli le spalle. Lui non si dà per vinto, le manda 50 rose rosse, la invita a cena. Un anno dopo, nel 1961, si sposano: ma il rapporto dura poco, lui è bizzoso, imprevedibile, dice che va a comprare le sigarette e torna dopo tre settimane... Si lasciano nel 1964: nel frattempo hanno girato sei film insieme.
La terza attrice è Brigitte Bardot, 29 anni all’epoca. Deve recitare nel Disprezzo, tratto dal romanzo di Moravia. Non ha problemi a mostrarsi nuda, in compenso non vuole cambiare lo chignon che porta in testa. "Bisogna abbassarlo di qualche centimetro, se lo fai giuro che cammino sulle mani", promette il regista. BB lo mette alla prova e lui ubbidisce... Resta indimenticabile, un capolavoro di erotismo, la scena del film in cui si vede BB sdraiata sull’asciugamano, di schiena, con solo un libro che le copre le terga. Il titolo, non leggibile sullo schermo, è davvero provocatorio: Entrate senza bussare.