Venerdì 27 Settembre 2024

Giornata Mondiale dell’Aiuto Umanitario: perché si festeggia il 19 agosto

Quest’anno ricorre anche il ventesimo anniversario dell'attacco al quartier generale delle Nazioni Unite a Baghdad, in Iraq, in cui persero la vita 22 persone

La sede dell'Onu a New York

La sede dell'Onu a New York

Ogni anno, il 19 agosto, si celebra la Giornata Mondiale dell'Aiuto Umanitario, per rendere un doveroso omaggio a tutte quelle persone che quotidianamente si impegnano per salvare vite umane e per alleviare le sofferenze degli individui in difficoltà, preservando la loro dignità umana anche nelle situazioni più delicate. Questa giornata è un tributo agli eroi di tutti i giorni, quelli che non necessariamente finiscono sulle pagine dei giornali, ma che quotidianamente si rendono protagonisti di gesti eccezionali, assistendo chi ne ha più bisogno a prescindere dall’etnia, dalla religione o dalla provenienza.

Com’è nata la Giornata Mondiale dell'Aiuto Umanitario

La Giornata Mondiale dell'Aiuto Umanitario è stata creata nel 2008 da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in commemorazione dell'attacco terroristico del 19 agosto 2003 al quartier generale ONU (il Canal Hotel) a Baghdad, in Iraq, un attentato che aveva causato la morte di 22 persone, tra cui il Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per l’Iraq, Sergio Vieira de Mello. Questa tragedia (nella quale erano rimaste ferite anche 180 persone) era stata un’occasione per riflettere sui pericoli e le sfide che affrontano coloro che si dedicano all'assistenza umanitaria; al contempo, aveva anche sottolineato la loro straordinaria dedizione e il loro spirito di sacrificio. Si sta parlando di medici, attivisti, operatori logistici, psicologi e in generale di tutti quegli individui il cui contributo sul campo è essenziale per garantire sicurezza e assistenza alle popolazioni in maggior difficoltà e alla disperata ricerca di cibo, acqua, cure mediche, di un tetto dove potersi riparare ma anche di un supporto emotivo. Attraverso il lavoro degli operatori umanitari è inoltre possibile costruire comunità forti e resilienti, grazie anche a programmi di educazione in grado di assicurare un futuro migliore a chiunque possa avervi accesso.

Il messaggio di uno dei sopravvissuti all’attentato di Baghdad

Tra le testimonianze riportate sulle pagine di Worldhumanitarianday.Org, quella di Shawbo Taher-Al-Talabani, ex membro dell'Ufficio delle Nazioni Unite per l'Alto Commissariato per i diritti umani (OHCHR) e sopravvissuto all'attentato delle Nazioni Unite a Baghdad nel 2003: “Sebbene la mia presenza nella missione non abbia superato i due mesi e mezzo, è riuscita a conquistare la fiducia degli iracheni e le sue porte sono state aperte per loro per consigli, richieste e assistenza. Pertanto, il bombardamento del Quartier Generale ha distrutto tutti questi sforzi e la speranza di un domani migliore per l’Iraq e gli iracheni. Non posso descrivere il dolore e l’angoscia che ho provato in seguito al crollo di questo nobile sforzo, speranza, entusiasmo e lavoro rappresentato dalle Nazioni Unite e dai suoi dipendenti. La perdita di 22 colleghi ed amici, ed il ferimento di oltre 180 lavoratori internazionali e locali, che credevano nei principi della loro organizzazione e cercavano di aiutare le persone, non sono stati facili da comprendere. Ho lasciato l’Iraq con il cuore pieno di dolore per un Paese in cui non siamo stati in grado di compiere la nostra nobile missione e per gli amici che abbiamo perso ingiustamente.”

Taher-Al-Talabani era arrivato in Svizzera da rifugiato iracheno nel 1993, riuscendo anche grazie alla sua difficile esperienza personale a entrare a far parte del prestigioso organo ONU cinque anni dopo, nel 1998. Proprio alla luce del suo vissuto, una volta arrivato nel Vecchio Continente, Taher-Al-Talabani si era sentito in obbligo di fare qualcosa per la sua terra d’origine, cercando per quanto possibile di ripristinare la sicurezza e la stabilità in uno dei Paesi ancora oggi più complessi al mondo. Nonostante siano passati anni dall’attentato a Baghdad, l’ex funzionario è perfettamente consapevole delle sfide che l’Iraq deve ancora affrontare e del ruolo essenziale di un’organizzazione internazionale com’è per l’appunto l’ONU. A proposito, Taher-Al-Talabani ha dichiarato: “La necessità oggi del lavoro e della presenza delle Nazioni Unite è più urgente che in qualsiasi altro momento, soprattutto quando vediamo tutti i disastri e le tragedie del mondo a livello umanitario, economico, sanitario, educativo e dei diritti umani. A livello personale, ho dato più importanza ai legami familiari e ho sentito la necessità di crescere i miei figli in un modo da renderli forti e capaci di contare su sé stessi, indipendentemente da ciò che dovranno affrontare nella vita. Mi sono impegnato di più per impiantare nelle loro anime i principi dell’amore, della tolleranza, della giustizia e dell’uguaglianza.”

Il tema di quest’anno

“Ad ogni costo” (#NoMatterWhat, in inglese) è il tema della Giornata Mondiale dell’Aiuto Umanitario 2023. Questo è il principio che guida le azioni di chi è attivo giorno dopo giorno per aiutare gli altri: gli operatori non scendono mai a compromessi riguardo i principi umanitari, ma sono sempre attivamente impegnati per prendere le migliori decisioni possibili per le persone di cui si prendono cura. In ogni caso, per quanto il lavoro umanitario sia difficile e spesso pericoloso questo non li fa mai indietreggiare, nemmeno di un centimetro, rispetto al loro impegno e alla loro dedizione. Attualmente, come viene sottolineato sui canali ufficiali delle Nazioni Unite, le operazioni umanitarie puntano ad aiutare a livello globale quasi 250 milioni di persone, dieci volte più rispetto al 2003.