Martedì 3 Dicembre 2024
RICCARDO JANNELLO
Magazine

Giordano Bruno Guerri: "Portò la vita nell’arte e l’arte nella vita"

Lo storico e presidente della Fondazione Vittoriale degli italiani "Marinetti non era fascista, semmai un italianista col culto della patria".

Giordano Bruno Guerri: "Portò la vita nell’arte e l’arte nella vita"

Lo storico e presidente della Fondazione Vittoriale degli italiani "Marinetti non era fascista, semmai un italianista col culto della patria".

Giordano Bruno Guerri, lei che è un profondo conoscitore del periodo, è necessaria o no la mostra sul futurismo che si apre a Roma dopo tante polemiche?

"Non solo è necessaria, ma è indispensabile pur con tutte le sue pecche e le polemiche che sono sorte. Per questo non vedo l’ora di vederla. E poi una mostra con così tante opere è sempre importante".

Quale delle contestazioni è secondo lei sbagliata?

"La polemica di chi dice che la destra celebra se stessa. Ma il futurismo è stato un movimento talmente di peso anche fuori dai nostri confini per giudicare il quale non si deve tenere conto delle nostre rogne di oggi".

Celebrarlo è un atto artistico e storico, quindi non politico?

"Certamente, si tratta dell’ultima invenzione importante, positiva e dunque lodevole dell’Italia dopo rinascimento e barocco. Oddio, abbiamo inventato anche il fascismo, ma quello è ben meno lodevole".

Valutare il futurismo ideologicamente è perciò sbagliato?

"Continuare a politicizzarlo è un enorme errore storiografico. E comunque il movimento sarebbe vissuto meglio se non ci fosse stato il fascismo, non il contrario. Quando qualcuno comincerà a capirlo sarà tardi".

Quali secondo lei i punti salienti per definire il movimento?

"La modernizzazione. Marinetti e i futuristi hanno visto il futuro, la meccanizzazione, immaginando tutto quello che poi sarebbe accaduto, perfino Internet: avevano pensato a una tavola più bassa di un libro con la quale comunicare".

Artisticamente qual è il pregio maggiore dei futuristi?

"Hanno portato la vita nell’arte e l’arte nella vita".

Quanto tempo secondo lei è stato perso nella conoscenza di questo mondo?

"Tanto, basti pensare che nel secondo dopoguerra le opere futuriste valevano meno di zero; se le sono comprate gli americani e ora dobbiamo andarle a riprendere là. Quando si è cominciato a capire l’importanza del futurismo si è cercato di farlo nascondendo i rapporti di Marinetti con il fascismo, che ho cercato di ricostruire nella biografia che scrissi nel 2009 per il centenario del Manifesto".

Insomma, Marinetti era o no fascista?

"Lui era prima di tutto un genio e senza il suo genio il futurismo non ci sarebbe stato. Io sposo la definizione che ne dette Emilio Gentile: non era fascista o nazionalista, era un italianista col culto della patria".

La mostra di Roma quindi riempie un buco nella storia?

"Sì, perché non ci sono stati eventi che hanno dato l’adeguato riconoscimento al futurismo soprattutto da parte di istituzioni pubbliche. Si pensi che la prima vera rassegna importante si deve a Gianni Agnelli: nel 1986 a Palazzo Grassi di Venezia Futurismo & Futurismi, mostra organizzata dalla sua Fondazione, aiutò a sdoganare il movimento".

Guerri, che cos’è il futurismo?

"Il padre di tutte le avanguardie, e non solo di una parte".