Giovedì 26 Settembre 2024
BEATRICE BERTUCCIOLI
Magazine

"Ragazzi invisibili crescono". Salvatores ritrova i superpoteri

Sequel del film del 2014: effetti speciali del guru Victor Perez

Gabriele Salvatores sul set de "Il ragazzo invisibile II" (Ansa)

Gabriele Salvatores sul set de "Il ragazzo invisibile II" (Ansa)

Roma, 22 dicembre 2017 - Anche il cinema italiano può vantare una saga fantasy. Per ora di sole due opere, ma ricca di effetti speciali, divertenti e poetici. «Bisogna eliminare il pregiudizio che in Italia non si può fare. Si può, e questo film ne è la prova». Ad affermarlo è lo spagnolo Victor Perez, uno dei maggiori esperti di effetti visivi (“Il cavaliere oscuro - Il ritorno”, “Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare”). Ne ha realizzati oltre seicento per il nuovo film di Gabriele Salvatores, “Il ragazzo invisibile - Seconda generazione”. Il film, che arriva tre anni dopo il successo del primo, sarà nei cinema dal 4 gennaio, contemporaneamente all’arrivo nelle librerie del romanzo e della graphic novel. Il protagonista, Michele (Ludovico Girardello), compiuti 16 anni, morta la madre adottiva Giovanna (Valeria Golino), scopre che la sua vera madre è Yelena (Ksenia Rappoport), come lui dotata di poteri speciali.

Salvatores, si può parlare di saga italiana di supereroi? «È un po’ diversa dalle saghe dove il personaggio è sempre lo stesso, come accade con Batman. ‘Il ragazzo invisibile’ è più simile a ‘Harry Potter’, dove il protagonista cresce film dopo film. A 16 anni Michele scopre anche i lati più oscuri della sua personalità. E se il primo film era più semplice anche dal punto di vista narrativo, nel secondo ci sono anche salti temporali e aspetti misteriosi, quasi da thriller».

Si potrebbe definire un romanzo di formazione in chiave fantasy? «Mi sembra la definizione migliore. Michele rimane orfano e questa condizione ricorre spesso nella letteratura per ragazzi, perché è da lì che poi inizia l’avventura dell’uomo. Non c’è più nessuno che ti porti per mano e allora sei tu a dover prendere in mano la tua vita».

Si è in qualche modo ispirato alla saga di X-Men? «Non avevo visto quelle pellicole. Non sono un patito di film di supereroi. Preferisco quei film degli anni Ottanta come ‘Gremlins’ e ‘E.T.’, un cinema che riusciva a unire contenuti e spettacolarità, a mettere d’accordo padri e figli, riuscendo a piacere a tutta la famiglia».

Chi rappresentano per lei gli “speciali”? «Siamo abituati a pensare ai supereroi come a esseri che aiutano gli altri, che salvano il mondo. Nella realtà non è così. Chi ha grande potere non sempre lo usa per questi scopi. Me ne vengono in mente due, uno coreano e uno americano, che non pensano proprio a salvare l’umanità. Dopo il primo ‘Ragazzo invisibile’ abbiamo proposto un tema per le scuole chiedendo agli studenti di immaginare un seguito. Sono emerse due paure dei ragazzi: di non essere davvero figli della loro madre, e il terrorismo. Io non volevo occuparmi in modo specifico del terrorismo perché è un tema che va trattato in altro modo. Ma volevo comunque far capire ai ragazzi che se qualcuno diventa cattivo, non è perché è nato così, ma forse perché è stato vittima di emarginazione e sottomissione».

Non compare la sua firma tra gli sceneggiatori. In che modo ha sentito sua questa storia, scritta da altri? «C’è un motivo più intimo, che riguarda la mia vita privata. Non ho figli e allora, da ‘Io non ho paura’, ne sto allevando uno cinematografico. C’è poi una motivazione più razionale, e cioè che a fare sempre lo stesso film ci si annoia. Quando con ‘Mediterraneo’ ho vinto l’Oscar, è come se avessi acquisito dei superpoteri. Come usarli? Non per rifare sempre lo stesso film ma per fare qualcosa di diverso, anche se quando ho proposto ‘Nirvana’ mi hanno preso per matto».

Ci sarà anche un terzo capitolo? «Secondo il detto, non c’è due senza tre».