Sabato 31 Agosto 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

Venezia 81, Angelina versione Maria: "Vulnerabile Callas. Rivedo le mie fragilità"

Jolie intensa protagonista del biopic di Pablo Larraìn, in concorso Il regista: "In lei non c’era il belcanto italiano, ma la tragedia greca"

Venezia, 30 agosto 2024 – Maria Callas e la sua solitudine, Maria Callas e la sua tristezza irredimibile. Maria Callas e il suo talento infinito. Le note altissime, impossibili, afferrate nei cieli del sublime. E poi pagare tutta quella bellezza, tutto quello sforzo, con la caduta. Maria di Pablo Larraìn, in concorso alla Mostra del cinema, racconta gli ultimi giorni della cantante più sublime, intensa, infelice della storia dell’opera lirica. Ad interpretarla, una Angelina Jolie che accoglie dentro di sé tutte le fragilità, tutte le lacerazioni dell’anima della Callas, morta nel 1977 a 53 anni. "Nella sua vulnerabilità, ho riconosciuto la mia" dice Angelina. E in effetti, Jolie è, sì, fra le attrici più celebri al mondo. Ma anche la sua vita è stata un ottovolante fra successi, dolori, ferite. Fin da quando era un’adolescente bullizzata dai coetanei e reagiva con l’autolesionismo, infliggendosi ferite con coltelli. E poi il padre, l’attore Jon Voight, che parla dei suoi disturbi mentali, e i matrimoni burrascosi – quello con Brad Pitt finito con accuse reciproche – e gli interventi di mastectomia preventiva, per l’alta probabilità di sviluppare neoplasie.

Angelina Jolie nei panni di Maria Callas in una scena di Maria, in concorso alla Mostra
Angelina Jolie nei panni di Maria Callas in una scena di Maria, in concorso alla Mostra

Per interpretare Maria Callas, Angelina Jolie ha studiato la respirazione. Ha sviluppato un accento inglese aristocratico, in sintonia con una donna così celebre. Ha lavorato sulla postura, sul movimento. Ma soprattutto, ha preso lezioni di canto per sei mesi. Nel film, viene messa in atto una tecnica innovativa: il tecnico del suono premio Oscar John Warhurst ha registrato la voce di Jolie che canta ascoltando la Callas in cuffia, e poi l’ha mixata con la voce della soprano statunitense di origine greca. Nelle scene che si svolgono negli ultimi giorni della Callas, ascoltiamo quasi totalmente la voce di Angelina, mentre nei flashback, che si riferiscono agli anni d’oro della cantante, prevale la voce della vera Callas.

«Questo film non sarebbe esistito senza Angelina", dice il regista Pablo Larraìn, che con Maria chiude idealmente una trilogia su tre protagoniste infelici del Novecento: la vedova Kennedy raccontata nei giorni successivi all’attentato a JFK in Jackie , con Natalie Portman, a Venezia nel 2016, e Spencer su Lady Diana, interpretata da Kristen Stewart nel 2021. Angelina, con i giornalisti, racconta quello che è forse, per lei, il ruolo della vita. Dice di avere un’aspirazione. "Vorrei che vedendo Maria non rimanesse deluso chi ama e ha amato Maria Callas: la paura di rendere un cattivo servizio a questa donna straordinaria è stato il mio timore. Vorrei che questo film portasse più gente ad amare l’opera".

La musica, appunto. "Io – dice Jolie – sono cresciuta più punk: ho sempre amato tutta la musica, ma se dovevo scegliere ascoltavo i Clash! Con gli anni, ho imparato ad amare di più l’opera. L’immensità dei sentimenti incapsulati in un’opera lirica è travolgente. La mia opera preferita? Direi Anna Bolena di Gaetano Donizetti; e la romanza Addio babbino caro del Gianni Schicchi di Puccini". Nel film – che uscirà nelle sale, distribuito da 01 – ci sono due artisti italiani: Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher, che interpretano i due fedelissimi collaboratori della cantante. Favino, che interpreta Ferruccio Mezzadri, storico maggiordomo e autista della Divina, racconta come si è avvicinato al personaggio. "Ho cercato di capire e di vivere la devozione che Ferruccio aveva per la Callas: quando vivi accanto a una stella così luminosa, starle vicino ti permette di assorbire un po’ di quella luce. Lei era come una regina egizia: era come vivere insieme a Cleopatra".

Chi era in fondo Maria Callas, per Larraìn? "Aveva un senso tragico della vita - dice il regista – Non era, in lei, il belcanto italiano o la tradizione germanica che rivivevano, ma la tragedia greca. Nel novanta per cento delle opere che Callas ha interpretato c’è la morte sul palco. È un personaggio tragico lei stessa, ha vissuto gli ultimi anni della sua vita come il personaggio di una delle opere che interpretava".