Pesaro, 5 ottobre 2019 - Il giornalismo culturale viaggia sul palco del teatro Rossini che per ieri pomeriggio ha raccolto chilometri, pensieri, auspici e testimonianze dei grandi reporter e giornalisti del nostro tempo, ospiti del festival del giornalismo culturale che si conclude oggi. Un’edizione dedicata al viaggio, ma che ha fornito stimoli concreti sul presente e sul futuro del mestiere di raccontare la realtà e le sue, diverse, verità. A cominciare dal presente e dal futuro dell’informazione che, ha detto il direttore di Quotidiano Nazionale Michele Brambilla, "non morirà". Spiegando poi perché: "Non c’è trasformazione tecnologica che tenga, se non c’è chi ti spiega perché un fatto è accaduto e quali sono i retroscena non sarai mai informato. In questo senso le cose stanno cambiando. Anche la televisione capisce che stiamo forse correndo troppo e che occorre anzi frenare e approfondire. E anche chi gestisce i social ha capito". Il riferimento è a Tim Cook che il direttore Brambilla ha incontrato a Firenze proprio l’altroieri: "L’amministratore di Apple – ha detto il direttore di Qn – ha fatto un’affermazione che ha stupito tutti, ma piena di significato: rivolgendosi ai giovani li ha invitati a staccare gli occhi dallo schermo del cellulare. E poi ha fatto un accordo con l’Osservatorio Permanente Giovani - Editori per diffondere il giornale di carta. Perché anche chi gestisce i social si è reso conto che la gente chiede autorevolezza dell’informazione, con la firma di professionisti responsabili civilmente e penalmente di ciò che dicono e scrivono, ovvero dei giornalisti. La paura di fake news ha provocato una curiosa inversione di tendenza negli Usa, dove il New York Times ha guadagnato 250mila copie perché la gente vuole la garanzia dell’informazione. La reputazione sarà la nostra forza". Una missione che inizia dalla provincia, che il direttore Brambilla ha raccontato anche nel suo ultimo libro Non ci sono più i cornuti di una volta, narrando ciò che resta di sei città immortalate da grandi opere cinematografiche, e che si allarga al mondo. Toccante, in questo senso, la testimonianza di Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della sera, che ha raccontato l’audacia del giornalista nel seguire in prima linea ciò che accade, ad esempio, in Afghanistan o Iraq.
Ma informazione è anche emozione sonora, quella che cerca di suscitare Bruno Ruffolo di Radio Rai, ed è "lasciarsi stupire", come ha ribadito Emanuele Coen, con Emanuele Giordana del Manifesto che ha insistito sul "giornalismo di appartenenza, cioè raccontato dal punto di vista dei più deboli", ad esempio. Mancanza di obiettività? "Il giornalismo è cambiare idea", ha replicato Cremonesi. Ma la summa della tenzone l’ha data un curioso aneddoto raccontato dal direttore Brambilla: "Il presidente della Repubblica Mattarella, di cui ho molta stima, legge ogni mattina tutti i giornali, anche gli articoli che esprimono opinioni diverse dalle sue e che a volte lo aiutano a cambiare idea. Questo è il giornalismo".