Mercoledì 25 Dicembre 2024
REDAZIONE MAGAZINE

“La bulimia per me non era il problema, era la soluzione”. Le anticipazioni dell’autobiografia di Federica Pellegrini

Il 16 maggio esce ‘Oro’. L’ex nuotatrice azzurra: “La condizione ideale per gareggiare era sentirmi un animale braccato”

Federica Pellegrini all'Auditorium di Roma lo scorso 28 gennaio

Roma, 15 maggio 2023 – Tenacia, sacrificio, perseveranza. Ma anche dolore, fragilità, vulnerabilità. Sono tratti che convivono in Federica Pellegrini, l’ex nuotatrice trentaquattrenne, tra i personaggi sportivi più amati d’Italia. Quegli stessi tratti che nel corso della sua carriera agonistica l’hanno guidata verso i suoi innumerevoli successi sono anche gli stessi che, in diversi periodi della sua vita, l’hanno spinta sull'orlo del baratro. 

Dei suoi lati più bui ne racconta nella sua autobiografia ‘Oro’, edita da La Nave di Teseo, in uscita domani 16 maggio in tutte le librerie. Dalle cui pagine emerge non solo ‘la Pellegrini’, l’atleta che in ogni suo movimento, in acqua e fuori, trasuda potenza allo stato puro, ma anche Federica, l’essere umano dietro alla facciata.

I problemi di bulimia

Dettagli inediti del suo vissuto, come la confessione dei problemi di bulimia di quand’era ancora minorenne ma già nota.

“La sera, dopo aver mangiato tutto quello che potevo durante il giorno, vomitavo. Lo facevo sistematicamente, ogni sera prima di andare a dormire, quando il ricordo di tutto il cibo ingurgitato aumentava il senso di colpa. Vomitare era un po’ come ripulirsi la coscienza e anche la mia maniera di metabolizzare il dolore. Si chiama bulimia ma io non lo sapevo. La bulimia per me non era il problema, era la soluzione. Il mio modo di dimagrire senza sacrifici mangiando tutto quello che volevo”, confessa nel libro. Un periodo difficile in seguito al trasferimento a Milano, subito dopo il Mondiale di Montreal, nel 2005.

Vomitare come rimedio, “la mia medicina per smettere di essere la donna che gli altri vedevano e che non ero io”, come scrive la fuoriclasse.

L’atleta e la ‘femme fatale’

Un corpo che non riusciva a guardare, ad accettare. Una condizione conosciuta come ‘dismorfia’, che la fece vergognare di quel servizio fotografico di fine 2004, quando apparve nella copertina di SportWeek. Gérard Rancinan la immortalò in costume da bagno e parrucca bionda, gioielli e trucco da maschera veneziana. 

"Vorrei coprirle in qualche modo, soprattutto quelle con il bikini in cui non vedo altro che i rotoli di grasso sulla pancia. Le pose languide, la seduzione, vorrei solo sprofondare, sparire, morire. E invece tutti mi guardano, è pieno di gente che vede quella che a me sembra una povera ragazzina grassa e brufolosa, truccata come una puttana, mezza nuda. Io sono un'atleta, perché mi hanno trasformato in una femme fatale?” racconta Pellegrini.

La forza del lupo 

Difficoltà e insicurezze che non hanno oscurato la luce delle sue vittorie, conquistate famelicamente, con la stessa attitudine di un “animale braccato”.

“Le gare non sono mai state una passeggiata per me, ma quella lotta all’ultimo respiro io la cercavo. Se capivo di dover entrare in acqua e combattere alla morte, l’adrenalina mi scorreva ed ero felice. La condizione ideale per gareggiare era sentirmi un animale braccato. La sera prima di una gara quasi non mangiavo. Era la tensione, certo, ma anche un modo di prepararsi all’assalto, come il lupo che prima di andare a caccia per affrontare la lotta digiuna, dimagrisce". 

Duecento pagine che racchiudono un’avventura sportiva ventennale, dall’esordio nel 2001 al ritiro, il 30 novembre 2021, e insieme un viaggio interiore in cui la nuotatrice sceglie di mettersi a nudo.