Giovedì 1 Agosto 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

Fai bei sogni Herlitzka, fuoriclasse della scena

Protagonista al cinema (con Bellocchio) e a teatro (due volte volte Premio Ubu), l’attore è scomparso a 86 anni. Poco dopo la morte della moglie

Fai bei sogni Herlitzka, fuoriclasse della scena

Protagonista al cinema (con Bellocchio) e a teatro (due volte volte Premio Ubu), l’attore è scomparso a 86 anni. Poco dopo la morte della moglie

Aveva quella faccia scavata dalle rughe, come se fosse stato vecchio fin dall’eternità. Ma era anche leggero, ironico, sottile. Lo sguardo intelligentissimo, il passo lieve, l’eleganza assoluta. La voce modulata con sapienza, rivelazioni da cogliere in un’ombra della parola, i bei capelli bianchi. Roberto Herlitzka era un fuoriclasse del teatro e del cinema. Non sembrava un attore, sembrava il direttore d’orchestra dei nostri pensieri. Se n’è andato, ieri, a 86 anni. Era nato a Torino, il 2 ottobre 1937. Da qualche mese aveva perduto l’adorata moglie Chiara Cajoli, e la perdita lo aveva segnato.

Era capace di unire lo stile più sublime alla capacità di prendersi in giro. In Lontano lontano di Gianni De Gregori, del 2019, erudito che consigliava a tre pensionati di trasferirsi alle isole Azzorre, sentenziava: "Bisogna credere in qualcosa… e ora credo che, se mia moglie è uscita, potremmo farci un grappino". Sapeva non prendersi sul serio. Ma la sua carriera è un monumento, serissimo, all’arte dell’attore. Ha vinto due volte il premio Ubu, due volte il premio Vittorio Gassman, due volte il premio Flaiano, per le sue interpretazioni a teatro. Al cinema, il David di Donatello e il Nastro d’argento per la sua interpretazione di Aldo Moro in Buongiorno, notte di Marco Bellocchio. Nel 2013, riceve un Nastro d’argento alla carriera.

Un cognome complicato, difficile da pronunciare. Ma non lo aveva mai voluto cambiare. Era il ricordo della Mitteleuropa che viveva in lui, figlio di un ebreo cecoslovacco di Brno. "Herlitzka è un cognome complicato", riconosceva lui stesso, "ma non ho mai pensato di cambiarlo: con quella kappa mi ricordava Kafka". La vita inizia subito in salita per lui: essere figlio di un ebreo nel 1937 non è proprio la cosa più facile di questo mondo. Nel 1938 in Italia vengono promulgate le leggi razziali, nel 1939 il padre emigra in Argentina per sfuggirvi: nel frattempo, si è separato dalla madre per sposare la pittrice Giorgina Lattes. Roberto riesce a salvarsi dalle deportazioni usando il cognome della madre, Berruti. L’infanzia è di pane e guerra. L’adolescenza è a Roma: e il teatro, da allievo di Orazio Costa. È l’inizio di un cammino che lo porterà a lavorare con Lavia, Ronconi, Squarzina, con tutti i più grandi.

L’anello di congiunzione fra il teatro e il cinema si chiama Lina Wertmüller: è lei che lo chiama per Film d’amore e d’anarchia, che nel 1973 segna il suo debutto cinematografico. Con la Wertmüller, sua storica amica, lavora anche in numerosi spettacoli teatrali e in molti film. Prende parte all’epoca gloriosa degli sceneggiati Rai, è in La Certosa di Parma di Bolognini e in Marcellino pane e vino di Comencini. Al cinema, è in Oci ciornie di Nikita Mikhalkov, lavora con Gigi Magni per In nome del popolo sovrano e con Giuliano Montaldo in Gli occhiali d’oro.

È nel 1990 che Marco Bellocchio lo chiama per Il sogno della farfalla: da allora, sarà una presenza importante nel suo cinema. È del 2003 il film di Bellocchio con cui si scolpisce nella memoria degli spettatori: Buongiorno, notte, con Herlitzka nei panni del segretario della Democrazia cristiana Aldo Moro rapito e ucciso dai terroristi delle Brigate rosse. Fra gli altri film girati con Bellocchio ci sono Bella addormentata, Sangue del mio sangue e Fai bei sogni. Con Paolo Sorrentino, un breve ruolo, ma indimenticabile: quello del cardinale ossessionato dalla cucina ne La grande bellezza, nel 2013. Con Sorrentino lavorerà ancora in Loro, nel 2018, e parteciperà a Notti magiche di Paolo Virzì nel 2018. Nel 2021 collabora con Roberto Andò per Il bambino nascosto e, come voce, è in Leonora addio di Paolo Taviani, nel 2022.

Col suo carisma, la sua autorevolezza, con la forza della sua stessa storia aveva anche impreziosito la serie tv Boris. Impersonava l’attore bravo costretto, per ragioni “alimentari“, a interpretare fiction dozzinali. Quando Pannofino lo chiama per proseguire il lavoro nella fiction, lui lo interrompe: "No no, ecco: io gradirei morire. Preferirei in solitudine, magari in carcere. Basta che diciate: ‘Nonno Alberto si è suicidato in carcere’. Grazie. Taaaante caaare cose, Ferretti". E con eleganza, si congedava.