Seconda semifinale e seconde pagelle dell’Eurovision Song Contest 2023. Sabato 13 maggio la finale, alla quale parteciperanno i dieci qualificati della prima semifinale, i dieci della seconda, più i Big Five e il Paese vincitore della passata edizione.
• Danimarca – Reiley con ‘Breaking My Heart’: voto Michael Jackson. Nel senso che la voce lo ricorda vagamente. Per il resto, non ci siamo proprio. Basti pensare che le parti più godibili sono quelle in cui entrano in gioco gli effetti che modulano la voce. Il pubblico all’Arena di Liverpool chiaramente ulula come se stesse passando Freddie Mercury, ma ormai siamo abituati alla sua totale non oggettività.
• Armenia – Brunette con ‘Future Lover’: voto Meno male che arriva la seconda parte. La prima parte del brano è veramente soporifera. Lei è pure vestita di rosa e sdraiata, giusto per darci l’atmosfera pijiama. Poi si sveglia e ci sveglia. La coreografia sul finale è un evidente eccesso di Polase, visto che non c’entra nulla col brano. Però la canzone è un crescendo apprezzabile.
• Romania – Theodor Andrei con ‘D.G.T. (Off and On)’: voto Scissione. L’outfit non si augura: i bermuda solo ad agosto. E non rosa in pendant con la giacca. Però il ragazzo, che ha solo 18 anni, ha un piglio blues che ti prende e ti lancia qua e là. La canzone, tuttavia, è abbastanza dimenticabile. La sua voce meno.
• Estonia – Alika con ‘Bridges’: voto Non la fate arrabbiare. Ha una voce che spaccherebbe vetri da qui alla Svizzera con un solo acuto. La canzone ha un’atmosfera “rotonda”, ma non rapisce. Lei però la si ascolta più che volentieri.
• Belgio – Gustaph con ‘Because Of You’: voto Su quelle ginocchia, forza coi glutei. Per fare zumba è perfetta. E’ un incrocio fra i Simply Red e ‘Moving on up’ degli M People. Anche lui veste in rosa. Sta storia deve finire, ve lo dico. Lui ha pantaloni – discutibili – e camicia rosa e giacca bianca. Se non ci fosse il cappello bianco alla JR di Dallas sembrerebbe un gelataio che ha sbagliato candeggio. L’Arena di Liverpool esplode: evidentemente molti degli spettatori sono personal trainer.
• Cipro – Adrew Lambrou con ‘Break A Broken Heart’: voto Boyband. Io ce lo vedo un po’ tipo un novello Mark Owen a cantare ‘Babe’ (citazione coltissima di chi impazziva per lui alle medie) in una reunion nonni e nipoti dei Take That. Mark ovviamente farebbe il nonno, disgraziatamente. L’intro è clamorosamente ‘Duemilaminuti’ di Mara Sattei.
• Islanda – Diljá con ‘Power’: voto Un pelo meno. E’ più teatrale di una compagnia teatrale tutta insieme. Anche qui un po’ di zumba si può fare. D’altro canto, il titolo è ‘Power’, non può essere una nenia. La prima parte ricorda molto da vicino ‘Hedonism’ degli Skunk Anansie. Poi diventa autonoma. Decisamente pop.
• Grecia – Victor Vernicos con ‘What They Say’: voto Tatone lui. Ha sedici anni, è sul palco dell’Eurovision Song Contest ed è greco. Io a sedici anni al massimo studiavo (male) il greco. Già per questo lo stimo. Poi ha un problemone con l’audio e porta comunque a casa la canzone. A sedici anni. Davanti a milioni di persone. Tanta stima per lui. Sta mania dei pantaloni corti quest’anno, però, continuo a non capirla.
• Polonia – Blanka con ‘Solo’: voto Estate. La canzone sarebbe anche stata carina e orecchiabile, lei sul palco la presenza scenica ce l’ha. Poi la follia: l’ennesima coreografia che non c’entra nulla. La speranza è che siano tutti bonus per il Fantaeurovision.
• Slovenia – Joker Out con ‘Carpe Diem’: voto Manca solo la Magnum. Un po’ Zoolander, un po’ Austin Powers: il loro outfit è così cangiante da costringere gli spettatori a indossare occhiali da sole per proteggersi dal luccichio. Il loro è un pop rock anni Ottanta che ti contagia anche se non capisci una parola di quello che stanno cantando. Ci credono e alla fine ci credi anche tu.
• Georgia – Iru con ‘Echo’: voto Avvolgente. Ritmi balcanici, una voce che trapassa i muri e una presenza sul palco quasi eterea. E, incredibilmente, lei non mette in scena coreografie casuali. Già per questo va apprezzata.
• San Marino – Piqued Jacks con ‘Like An Animal’: voto Date una finale a questi ragazzi. Li amerei già solo perché sono italiani e hanno impedito ancora una volta a Francesco Monte di andare all’Eurovision. Poi sul palco non vestono di rosa e non hanno pantaloni corti. Se ci aggiungiamo che sono rock e che sul palco portano una grande energia, il quadro è completo.
• Austria – Teya & Salena con ‘Who The Hell Is Edgar?’: voto Che amarezza. Mi sarei aspettata molto più da loro. Invece sono un po’ impacciate nella loro coreografia e in più non incidono particolarmente. La canzone prometteva bene, loro non l’hanno buttata in caciara come il brano sembrava promettere. Bella canzone e brave loro a prescindere, ma sottotono.
• Albania – Albina & Familja Kelmendi con ‘Duje’: voto Kolossal. Sembra di assistere a ‘Ben Hur’, versione rimasterizzata sia chiaro, che a un’esibizione da Eurovision. Tutto troppo: dai costumi dei protagonisti sul palco alla solennità della canzone. Grande impegno, sarò forse io che non li ho capiti.
• Lituania – Monika Linkyté con ‘Stay’: voto Spot. Altro problema tecnico con l’audio: quella di oggi per i tecnici dell’Eurovision è una serata da dimenticare. Lei però canta eccome: la sentite anche voi quell’atmosfera da spot pubblicitario di un’auto che viaggia fra i boschi di conifere?
• Australia – Voyager con ‘Promise’: voto Muse. Nel senso che la canzone ricorda chiaramente i Muse. Non che sia un male, anzi. Loro sono rock. E ci piacciono. I Rasmus lo scorso anno ti si appiccicavano di più addosso già dal primo ascolto, loro meno ma comunque restano. Lo specialino metal alla “Ti strappo le falangi e ci gioco a shangai” sembra un po’ calato dall’alto, però è nel mood. Loro sanno suonare e cantare e si sente eccome.