Roma, 10 novembre 2018 - Novant'Ennio. Compie 90 anni Morricone. «Come festeggerò? Un pranzo fuori, con mia moglie, niente di speciale», dice al telefono. Come se fosse, in fondo, un giorno come un altro. O meglio: è un giorno speciale, come lo è, per lui, ogni giorno passato con sua moglie Maria. «Sessantadue anni di matrimonio: è lei ciò che c’è di più prezioso nella mia vita».
Innamorato, dopo 62 anni e quattro figli. Una vita dedicata tenacemente al lavoro. Genio, sì. Sregolatezza, per niente. L’uomo che ci ha dato alcune delle più belle colonne sonore della storia del cinema si alza da sempre prima dell’alba – «prima mi alzavo alle 4, adesso sono più pigro, mi alzo anche alle 4 e mezzo» –, alle 8 ha già letto i giornali, e non passa giorno che non lavori. Il genio è fatto anche di ordine, disciplina.
È così che Ennio Morricone è riuscito a scolpire una mole immensa di lavoro. Milioni di note strappate al silenzio, più di 500 composizioni, due Oscar vinti, uno alla carriera, e uno per la colonna sonora di The Hateful Eight di Quentin Tarantino. Dieci David di Donatello, altrettanti Nastri d’argento. Dal febbraio 2016 ha una stella con il suo nome nella Walk of Fame di Hollywood. E gli hanno intitolato un asteroide che volteggia fra Marte e Giove. The Edge, il chitarrista degli U2, è un suo fan totale. Fa un po’ paura chiamarlo al telefono. Alle 11 del mattino, che per lui è già quasi pomeriggio.
Maestro, come festeggerà in questi giorni? «Non ho tanto tempo per i festeggiamenti. Mi aspettano alcuni concerti piuttosto impegnativi: il 23 novembre dirigerò a Parigi, il giorno dopo a Bruxelles, il 26 a Londra. Poi devo suonare a Cracovia, Berlino, Budapest, Praga, Stoccolma, Anversa…».
Come fa a tenere questo ritmo? «Non lo so. Spero che Dio mi conceda la salute».
Crede in Dio? «Sì, credo in un’entità superiore. Il rapporto della mia musica con la spiritualità è naturale. Poco tempo fa mi è stato chiesto di scrivere una Messa per papa Francesco, commissionata dall’ordine di Sant’Ignazio, ed è stato un grande onore per me».
Nonostante la fama, il successo, i viaggi, lei è sempre rimasto molto attaccato alla famiglia. È questo uno dei segreti della vita? «Per me, sì. E penso che parte dei problemi della società di oggi vengano dalla disintegrazione della famiglia. Le persone si distaccano troppo facilmente le une dalle altre».
L’ispirazione, ha detto, non esiste. Abbiamo capito male?
«No no, è così: la creazione artistica è un fatto di disciplina, di ordine. Puoi avere una prima intuizione, ma è il lavoro, direi quasi artigianale, che costruisce l’opera d’arte».
Quali vede come tappe fondamentali della carriera? «Tutto è stato importante. Ma se mi punta una pistola alla tempia, direi il rapporto con Sergio Leone, con cui ho fatto le colonne sonore della Trilogia del dollaro e di C’era una volta in America. Ma anche quelli con Montaldo, Petri, Bolognini. E le colonne sonore per De Palma, Malick, o quella di ‘Mission’…».
Il regista con il quale ha stabilito il rapporto più forte è Giuseppe Tornatore. Che ha scritto un libro-intervista su di lei. «Giuseppe è una splendida persona che ha molto rispetto per il lavoro degli altri. Siamo amici da molti anni, anche le nostre mogli si conoscono. È stato molto paziente a realizzare le interviste che sono confluite nel libro. Mi sembra che abbia fatto un buon lavoro».
Come “afferra” le idee? Ha un registratore, cerca un pianoforte? «Niente di tutto questo. Creare musica è un lavoro interiore, si organizza tutto nella testa. E poi scrivo. Un musicista non ha bisogno di uno strumento per comporre».
Guardando oggi i suoi 90 anni, e oltre 60 di carriera, cosa vede? «Un compositore che ha fatto il suo lavoro. E al pubblico devo dire solo grazie».