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Nanni Moretti
Roma, 19 aprile 2023 – No, le piattaforme no, si potrebbe dire parafrasando un Moretti d’antan. Nel suo nuovo film, Il sol dell’avvenire, da domani nelle sale e a maggio in concorso al Festival di Cannes, Moretti dice la sua su tante cose, dall’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione Sovietica nel 1956 ai film violenti, dalle piattaforme ai sabot. E naturalmente la dice alla sua maniera, ironica, ossessiva, divertente.
Nel film Moretti è Giovanni, un regista che sta girando un film ambientato nel 1956, in cui Silvio Orlando, segretario della sezione del Pci di un quartiere romano di periferia, il Quarticciolo, è messo in crisi dall’invasione sovietica dell’Ungheria, approvata dal Partito comunista italiano. Giovanni è sposato con una produttrice, Margherita Buy, che per la prima volta, oltre al suo, produce anche il film, tutto sangue e violenza, di un giovane regista. Nel film ci sono anche pennellate felliniane, con il circo ungherese Budavari che sbarca al Quarticciolo proprio nei giorni dell’aggressione di Mosca, e anche brani famosi, dal Voglio vederti danzare di Battiato a Sono solo parole, perché il sogno di Giovanni è fare un film musicale con tutte canzoni italiane.
Moretti, in cerca di finanziamenti, il suo Giovanni incontra i dirigenti di Netflix che si vantano perché i loro prodotti vengono visti in 190 paesi e bocciano la sua sceneggiatura perché manca il momento ‘what the fuck’ e arriva tardi il ‘plot time’. Come dire che sono prodotti costruiti a tavolino.
Non le piacciono proprio le piattaforme?
"Per me le piattaforme vanno bene per le serie, i film si devono fare per il cinema".
Al momento, però, con la crisi delle sale, le piattaforme rappresentano uno spazio alternativo importante. O no?
"Ho sempre reagito a quanto accadeva, andando contro l’onda del momento. A metà degli anni Ottanta, quando la tendenza dominante era fare film fintamente internazionali che sarebbero dovuti piacere a tutti e poi non piacevano a nessuno, ho creato una casa di produzione, la Sacher Film, e ho prodotto film radicati nel territorio come Notte italiana di Carlo Mazzacurati e Domani accadrà di Daniele Luchetti. Poi, quando si sono diffuse le videocassette e i cinema chiudevano, ho aperto, nel novembre del 2001, il cinema Nuovo Sacher. E quando nessuno si filava gli esordienti, ho dato vita, in estate, nell’arena del Nuovo Sacher, alla rassegna Bimbi belli".
E adesso che le sale se la passano anche peggio?
"Ho fatto finta di niente e ho pensato e fatto un film per le sale. Cerco di non preoccuparmi troppo di quello che succede intorno. Il sol dell’avvenire esce in 500 sale, un discreto numero, e c’è molta attesa".
L’invasione dell’Ungheria del ’56 è un richiamo all’aggressione all’Ucraina?
"Avevamo finito di scrivere la sceneggiatura nel giugno del 2021, molto prima dell’invasione dell’Ucraina. Certo le immagini di repertorio inserite nel film, con i carri armati sovietici a Budapest e la città distrutta, sembrano quelle di oggi".
Con quale spirito affronta ancora una volta il concorso di Cannes?
"Con quello di sempre. Certo è bello quando a Cannes il pubblico ride e si commuove in quella platea enorme. Sono stato nei giorni scorsi a Parigi, per controllare i sottotitoli, e c’è molta attesa anche lì. Uscirà con un titolo un po’ sarcastico, Vers un avvenir radieux, che era uno slogan della sinistra francese, il 28 giugno, perché in Francia l’uscita in estate non è un tabù come in Italia".
Come vede il cinema italiano? "Il cinema italiano è vivo, con registi e film validi, ciò che manca è l’attenzione intorno, il sostegno e la cura necessari. Mancano belle trasmissioni sul cinema. Molti film d’autore, un tempo coccolati, vengono buttati allo sbaraglio così che il pubblico non capisce nemmeno che film sia".
Da esercente come cerca di riportare il pubblico in sala?
"So che dovrei rispondere che bisogna offrire al pubblico una ‘esperienza’, ma io in questo sono un po’ vecchio e penso che programmare buoni film sia la cosa principale".