Martedì 2 Luglio 2024
ROBERTO GIARDINA
Magazine

E Pio XII ordinò: "Salvate gli ebrei nei conventi"

I documenti inediti delle suore di Santa Maria dei Sette Dolori a Roma: "Il Santo Padre desidera che accogliamo i perseguitati dai nazisti"

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di Roberto Giardina

Su Papa Pacelli pesa sempre la denuncia di Rolf Hochhuth nel dramma Il Vicario: fu informato di quanto avveniva a Auschwitz e in altri Lager, e non intervenne per salvare gli ebrei dalle camere a gas. Ora, un nuovo documento prova che il Pontefice si adoperò affinché gli ebrei, e anche quanti si opponevano al nazismo, venissero accolti nei conventi di Roma. Avrebbe cercato di salvare vite umane, ma non denunciò apertamente lo sterminio degli ebrei ordinato da Hitler. Il memoriale redatto dalle suore del monastero di Santa Maria dei Sette Dolori, in via Garibaldi 27 a Roma, sta per essere pubblicata a cura dello storico Antonello Carvigiani sul prossimo numero della rivista Nuova Storia Contemporanea, della casa editrice “Le Lettere“, diretta da Francesco Perfetti.

Pio XII è accusato da Hochhuth di essere stato amico della Germania, fin da quando fu nunzio a Monaco, e filonazista. Avrebbe visto nel III Reich l’unica difesa contro l’Unione Sovietica e il comunismo. Meglio Hitler di Stalin, e chiuse gli occhi. I nuovi documenti lo mettono sotto una nuova luce. Avrebbe compiuto un errore politico, temendo che una denuncia aperta sarebbe stata pericolosa, per gli ebrei e per il Vaticano, e optò per un aiuto discreto, non pubblico. Secondo alcuni critici la diffamazione di Pio XII fu causata dalla campagna organizzata dal Kgb, con documenti manipolati o completamente falsi, che trassero in inganno Hochhuth.

"Le truppe tedesche perseguitano ovunque uomini, e li deportano nei campi di concentramento", si legge nel diario delle suore, "in particolare perseguitano gli ebrei e li fanno morire nelle camere a gas. In tale frangente, ebrei - fascisti - soldati - carabinieri e borghesi cercavano rifugio negli istituti religiosi, che con grave pericolo aprono le porte per salvare vite umane. È questo il desiderio espresso, ma senza obbligo, dal Santo Padre Pio XII, che per primo riempie di rifugiati il Vaticano - la Villa di Castelgandolfo e San Giovanni in Laterano".

Il monastero dei Sette Dolori si trova in Trastevere, alle pendici del Gianicolo, ed era in una posizione a rischio, perché di fronte a una caserma dei carabinieri, requisita dai nazisti. Le suore faticano a tenere sotto controllo i rifugiati, soprattutto i bambini, evitando che si avvicinino alle finestre: "…i soldati che hanno occupato la caserma qui davanti al nostro cancello stanno sempre guardando con i binocoli, e siccome hanno già sentore di qualche cosa, possono irrompere da un momento all’altro dentro il monastero e portarli via". È probabile che i nazisti ne fossero al corrente, e non intervenivano. Nell’autunno del ’43, in previsione della sconfitta, molti ufficiali tedeschi a Roma conducevano un doppio gioco.

L’opera delle suore dei Sette Dolori era in parte già nota. Ne riferisce Renzo De Felice nella Storia degli ebrei sotto il fascismo, pubblicata da Einaudi nel 1961. Nel monastero, scrive, furono nascosti 103 ebrei. Nel memoriale invece sarebbero stati oltre 150, un numero tale che rese difficile l’accoglienza nel monastero, un palazzo che risale al XVII secolo: "Sono intere famiglie con molti bambini… per dar posto a tanta gente, abbiamo ceduto parecchie stanze nostre, e ci siamo ristrette in poche stanze. Il locale sopra la chiesa, detto il Noviziato, è pieno di gente e le famiglie hanno formato con i cartoni dei piccoli recinti…". Probabilmente, De Felice si riferiva solo agli ebrei, mentre le suore accolsero anche antifascisti, e giovani che volevano evitare di essere richiamati.

Secondo Carvignani, questa cronaca insieme con analoghi memoriali di altri monasteri, come quelli di Santa Susanna e di Santi Quattro Coronati, confermerebbe una disposizione giunta dal Vaticano, scritta o orale, e l’esistenza di una famosa circolare del 25 ottobre ’43, di cui aveva parlato nell’aprile del 2007 il cardinale Tarciso Bertone, senza però essere in grado di presentare una documentazione.

È probabile che questi documenti non soddisferanno la comunità ebraica di Roma: Pio XII, denunciano, il 16 ottobre del ’43 non si espose per impedire il rastrellamento nel ghetto di Roma, 1024 ebrei furono deportati a Auschwitz, ne tornarono solo sedici. I nazisti si sarebbero fermati, evitando un confronto aperto con il Vaticano, mentre la guerra li vedeva in difficoltà su tutti i fronti? Clemens August von Galen (1878 - 1946), il vescovo di Münster, il 13 luglio del ’41, in una predica sfidò i nazisti denunciando l’annientamento di vite umane nei Lager.

Era un amico di Pacelli fin dai tempi di Monaco, e fu il Papa a nominarlo vescovo, e nel ’46 cardinale, poco prima della morte. Von Galen fu santificato nel 2005. Pio XII lesse già nell’agosto del ’41, il discorso del "Leone di Münster", come lo chiamavano, e lo citò sempre con ammirazione. Perché non ne seguì l’esempio?