Lunedì 13 Gennaio 2025
MANUELA SANTACATTERINA
Magazine

Duro: è (quasi) la fine del mondo

Lanciato dai soli social, il film del comico più scorretto domina il box office. Ma non è audace come ci si aspetta

Il comico palermitano Angelo Duro, 42 anni, nel suo film Io sono la fine del mondo

Il comico palermitano Angelo Duro, 42 anni, nel suo film Io sono la fine del mondo

Nessuna proiezione o attività stampa per Io sono la fine del mondo, film con protagonista il comico palermitano Angelo Duro, anche co-sceneggiatore insieme al regista Gennaro Nunziante. Solo il passaparola social e presentazioni in sala con il pubblico pagante. Una scelta presa di comune accordo con la produzione Indiana Production e Vision Distribution, in collaborazione con Sky. Distribuito in 300 copie da giovedì, è schizzato in testa al box office: a sabato il film aveva già incassato oltre un milione di euro (1.398.951 €).

In sala perlopiù adolescenti per una commedia amarissima incentrata sul capovolgimento delle dinamiche familiari. Quando, cioè, i figli diventano genitori dei loro genitori. "Quando ti ricapita l’occasione di poterti vendicare di tutto quello che ti hanno combinato quei due?", si domanda Duro rintracciato dalla sorella che lo implora, dopo anni di lontananza, di tornare a casa per due settimane così da permetterle di andare in vacanza. Angelo torna dunque a Palermo e mette in atto la sua rivalsa. I genitori, interpretati da Giorgio Colangeli e Matilde Piana, sono ormai anziani, ma il figlio non dimentica tutti i “no“ ricevuti, le critiche, la mancanza di affetto, l’oppressione. E restituisce ai due tutto, interessi compresi. In una delle prime scene del film, il protagonista è in taxi. "Lei ha mai sparato?", domanda l’autista. "Preferisco le parole, uccidono di più", risponde il personaggio di Duro. E di parole affilate il comico ne ha usate parecchie nelle sue incursioni tv – compresa una criticata partecipazione a Sanremo 2023 – così come nei suoi spettacoli teatrali (è pronto a tornare in tour dal 19 febbraio con Ho tre belle notizie).

Anche in Io sono la fine del mondo non risparmia nessuno: disabili, obesi, anziani, ambientalisti, donne, bambini. Ma nel passaggio dalla tv o dal palco al cinema qualcosa non funziona. La cattiveria di Duro non riesce quasi mai a fare breccia, a rivelarsi così sfacciata da trasformarsi in una risata. Un peccato, dato che i temi accennati nel film sono tutt’altro che banali: la fotografia di un’adolescenza che si lascia alle spalle solo cocci di bottiglie dopo serate passate a bere fino a stordirsi, gli anziani parcheggiati nelle Rsa, un protagonista che non ha nessuna intenzione di redimersi.

Nunziante, che in coppia con Checco Zalone ha permesso al cinema italiano di restare in piedi grazie agli incassi dei loro film (dal 2009 con Cado dalle nubi al 2016 con Quo vado?), firma il suo film più "cattivo". Ma la maschera senza espressioni indossata da Angelo Duro in sala non rende quanto dovrebbe. Così come il susseguirsi di sketch sempre uguali nella costruzione comica che, a lungo andare, appesantiscono il ritmo e diventano intuibili. In Io sono la fine del mondo ci sono sicuramente audacia e coraggio, ma tra l’idea e la sua esecuzione si è perso un passaggio cruciale. Che rischia di trasformarsi il film in un autogol. A prescindere da quanti biglietti vende.