Napoli, 17 dicembre 2024 - Il cacciatore di ambienti estremi è un giovane professore che insegna all’Università Federico II di Napoli, ‘cervello’ rientrato in Italia. Donato Giovannelli a 40 anni insegue i segreti della Terra spingendosi ogni volta oltre i limiti, dove la vita sembra impossibile.
La sua galleria fotografica sui social dà un’idea di quello che fa nella vita.
Dagli abissi degli oceani ai vulcani
Eccolo immergersi negli abissi dell’oceano Pacifico a bordo dell’Alvin, il sommergibile della Marina militare statunitense usato anche per esplorare il Titanic; entrare nel cratere dei vulcani in Costa Rica, la maschera antigas per difendersi dalle colonne di acqua bollente e acida; andare a ‘caccia’ di organismi estremofili, “che come dice la parola amano gli ambienti estremi”. Lo abbiamo raggiunto, naturalmente al telefono.
La storia di Donato Giovannelli per punti
“Un corso sulla biologia degli ambienti estremi”
Professor Giovannelli, partiamo dal suo corso: che cosa si propone? “Il corso è l’unico in Europa e uno dei pochissimi al mondo sugli ambienti estremi. Mi occupo di questa ‘materia’ da molto tempo, sono stato quasi sette anni negli Stati Uniti e due in Giappone. Quando ho vinto il concorso a Napoli e sono rientrato dall’estero, mi sono reso conto che questa città ha una storia incredibile sugli ambienti estremi. Napoli è il posto dove è nata la vulcanologia, con l’osservazione di Plinio il giovane dell’eruzione del Vesuvio del 76 d.C. A Napoli è nata la prima spedizione vulcanologico di Plinio il Vecchio, che è morto andando con la flotta alle pendici del Vesuvio per tentare di investigare su cosa stava succedendo”.
Chi è Donato Giovannelli
Nato a Chioggia, cresciuto in Puglia, cittadino del mondo. “Nasco come biologo marino ad Ancona, poi ho fatto un dottorato a Napoli anche se fisicamente sono sempre stato tra CNR ed estero. Ho cominciato ad occuparmi di ambienti estremi marini nel Mediterraneo. Poi negli Stati Uniti sono passato a quelli oceanici e in Giappone a quelli terrestri. Infine qui a Napoli lavoro in un laboratorio di quella che noi chiamiamo microbiologia planetaria, la scienza che studia come piccoli organismi influenzano la vita sul pianeta”.
Che cos’è un ambiente estremo
Ma come può essere definito un ambiente estremo? “Esistono molte definizioni. In generale ha una caratteristica precisa, condizioni non propriamente favorevoli alla biodiversità. Molto spesso non esistono animali e piante perché non riescono a sopravvivere, esistono solo microrganismi”.
Ecco gli ambienti più estremi del mondo
E quali sono gli ambienti più estremi che ha visitato? “Ho esplorato sorgenti termali a 2.500 m sul fondo dell’oceano Pacifico con il sommergibile, dove la temperatura dell’acqua arriva fino a 300° e la pressione è enorme. Ma esistono zone molto estreme anche a terra, concentrazione di gas tossici e temperatura sono altissimi. Nel cratere del vulcano Poas, in Costa Rica vi è un lago, siamo a tremila metri, di altezza, dove il pH è prossimo allo zero. Lo stesso pH acido che c’è nelle batterie delle auto, che corrode i metalli e uccide tutte le forme di vita superiori. Ma quel lago è pieno di batteri”.
Qual è il luogo più estremo in Italia
“In Italia abbiamo l’imbarazzo della scelta - s’entusiasma Giovannelli -. Siamo il paese con il più grande numero di ambienti estremi diversi, andiamo da quelli sotterranei come le cave sulfidiche a una catena di vulcani attivissima, che passa dalla Toscana al Lazio alla Campania, arriva fino alle Eolie e all’Etna. Abbiamo emissioni di gas tossico lungo l’Appennino, dovute all’attività geologica. Esistono vulcani di fango ricchi di metano e idrocarburi, riportano in superficie fluidi profondi che sono tutto tranne che buoni per la vegetazione intorno. No, non sono mai quantità terribili che mettono a rischio la vita umana. Nell’Appennino romagnolo i vulcani di fango sono unici e spettacolari, e ne abbiamo di simili anche in Abruzzo, Basilicata e Puglia. Sono dovuti alla formazione geologica che spinge i fluidi dalla profondità alla superficie. L’Italia è una palestra di ambienti estremi. Quando sono tornato mi sono reso conto delle potenzialità, anche se sono poco sfruttate. Molti colleghi vengono dall’estero a lavorare qui sugli ambienti estremi ma la comunità italiana fino a qualche tempo fa era molto frammentata. Così sono partito dal ragionare su come rilanciare l’Italia in questo campo. Ho trovato terreno fertile, tanti colleghi in gamba, durante il Covid abbiamo scritto questo corso. Punta a formare persone che conoscano gli ambienti estremi e il loro potenziale. Perché contribuiscono tantissimo al funzionamento del pianeta ma anche alla biotecnologia”.
Ambienti estremi, qual è il potenziale
Gli ambienti estremi ci portano dritti al futuro. “Faccio un esempio semplice: la Taq polimerasi è un enzima utilizzato in tutto il mondo per fare copie del Dna, è alla base della tecnica chiamata PCR, nome che ci è diventato familiare durante il Covid perché facevamo i test molecolari, che amplificano il Dna del virus per sapere quante copie ci sono. Quel test è possibile grazie a questo enzima che è stato isolato da un batterio estremofilo in una pozza del parco di Yellowstone. Dunque le ricerche genetiche e genomiche moderne sono possibili grazie a questo. Da qui la nostra idea: formare giovani con le competenze sugli ambienti estremi per affrontare le sfide del futuro. Ci sono quelle biotecnologiche ma anche quelle astro biologiche”.
Lo studio degli ambienti estremi e i disastri
Ma ci sono ‘applicazioni virtuose’ anche nel caso dei disastri più o meno naturali? “Diciamo così - chiarisce Giovannelli -. La biologia può contribuire a far capire qual è la genesi di certi disastri. I microrganismi hanno molto a che fare col dissesto geologico di origine vulcanica, ad esempio le frane”. E dunque la competenza di un ragazzo che esce dal vostro corso di laurea come potrebbe essere impiegata sul fronte prevenzione? “Può essere abbinata alle competenze dei geologi per identificare dove la biologia contribuisce o meno ad amplificare i disastri”. Chiaro che “non si possono prevedere le alluvioni ma il tipo di dissesto che alcuni suoli hanno, in parte dovuto anche all’attività microbica. Perché i microrganismi alterano i minerali presenti in alcune rocce del suolo e possono contribuire all’instabilità”. Esiste una mappa microbiologica in Italia? “No, siamo il primo gruppo di ricerca che la sta creando. Esistono ottime mappe biochimiche ma nessuna microbiologica”.
L’economia degli ambienti estremi
Guardando al futuro: “Agli ambienti estremi è legata anche l’economia dei metalli in tracce, importanti per le batterie e per i circuiti. Settore in crescita perché abbiamo bisogno di più risorse e che vengano utilizzate in maniera sostenibile. Nello stesso tempo l’economia dello spazio è in crescita. Quello che abbiamo fatto è stato scommettere che la necessità di persone formate in questo modo aumenterà negli anni, com’è successo per la biologia marina: 30 anni non esistevano corsi, oggi sono in tutte le università italiane. Noi abbiamo fatto la stessa scommessa, visto dove va l’economia nei prossimi vent’anni ce ne saranno tantissimi. Abbiamo iscritti dal Canada, dagli Stati Uniti, dal Portogallo e dalla Francia. E altre università internazionali come Edimburgo e Madrid ci hanno contattato perché stanno aprendo corsi di laurea simili”.