
La cantante, ospite del nostro format “Soundcheck“, parla del nuovo album "Ogni disco per me deve avere dieci-dodici brani legati in una specie di ricamo" .
L’ultimo album s’intitola Antidiva putiferio perché lei giura di non essere una diva "ma al massimo una str**za". Rettore in purezza nello studio di “Soundcheck”, il format musicale del nostro giornale disponibile pure su web e social.
"Amici, giornalisti, addetti ai lavori, continuano a dirmi: se non te la tiri, non ti prendono sul serio" dice lei, settant’anni il prossimo luglio. "Ma per una estroversa, cordiale come me è difficile riuscirci, perché sarebbe come mettersi una maschera. Penso di essere una donna molto umorale, magari lunatica, ma non altezzosa".
Donatella, l’ultimo album, Caduta massi, era del 2011. Quattordici anni d’attesa sono tanti.
"Anche se ogni tanto un ovetto lo faccio, non sono una gallina. E poi in tutto questo tempo ho scritto un libro e pubblicato tanti singoli. Oggi i dischi come ce li ho in testa io, con un fil rouge che lega dieci-dodici canzoni una all’altra realizzando una specie di ricamo, non si fanno quasi più. Con Antidiva putiferio, però, penso di esserci riuscita, trovando fra l’altro la collaborazione di amici come Ditonellapiaga, Beatrice Quinta, La Sad, Tancredi, Big Mama, Marta Tenaglia".
Ha definito questo album "un Cubo di Rubik". Perché?
"Non avendo una mente matematica, sarò riuscita a comporre correttamente quelle maledette sei facce non più di un paio di volte. Di solito, però, i rompicapi servono a sciogliere i pensieri, a trovare la concentrazione, proprio come quest’album, che credo si faccia ascoltare senza alimentare il desiderio di cambiare sintonia".
“Ciao a tutti, non preoccupatevi per me perché mi so difendere e vado a vedere Mick Jagger”.
"È il testo della lettera che da bambina lasciai sul tavolo di casa il giorno in cui decisi di andarmene a vedere il concerto dei Rolling Stones. Purtroppo, però, i treni locali non partono mai e mamma riuscì a beccarmi in stazione. Mi tirò giù dal vagone per il coppino e mi portò direttamente dalle suore dorotee di Asolo".
L’istituto della temutissima suor Valfrida.
"Esatto. Suor Valfrida e Suor PierTarcisia, non me le dimenticherò mai. Perché non erano Mick Jagger e me ne fecero di tutti i colori. Ma la prof di italiano, no; madre Esterina era una vera, una che aveva avuto la vocazione e aveva visto la luce. Ecco perché è la prima figura familiare che mi torna in mente quando penso al mio rapporto con la musica".
Qual è la rinuncia più grossa che ha fatto per la musica?
"Si potrebbe pensare ad un figlio, ma non è stato così. Semplicemente, con la vita che faccio, non è venuto. Ho fatto tante analisi, ma niente".
La delusione per cui ha pianto di più?
"Nell’82 realizzai un disco di grande successo, Kamikaze Rock’n’roll Suicide, ma nonostante questo i dirigenti dell’Ariston, la mia etichetta, non ne rimasero soddisfatti. E me ne andai".
Dispiaciuta che mamma non sia mai venuta a un suo spettacolo?
"Eravamo due primedonne e questo ha generato problemi di convivenza. Ricordo solo che prima di morire mi prese la faccia tra le mani dicendo “va ben, ma ti si sempre ‘na bela tosa“, autocelebrandosi così ancora una volta, visto che la “bela tosa“ l’aveva messa al mondo lei".
Nel ’75 Maria Sole parlava già di aborto, di abbandono. Oggi la musica ha ancora questa vocazione a veicolare dei messaggi?
"Per alcuni artisti è ancora importante, altri prediligono invece testi che suonano bene. Nel nuovo album c’è un brano, Malamocco, in cui punto il dito contro l’inutilità del “dissing“, che alzando muri uccide il confronto, anteponendo l’effetto al pensiero. Uno dell’Inter non può parlare con uno del Milan? È assurdo. Sarei d’accordo solo se fosse della Juve… Anche se poi di amici juventini poi ne ho in quantità industriali".
A Sanremo per chi ha fatto il tifo?
"Per Marcella, con cui abbiamo fatto pace e ci siamo capite, e per Tony Effe".
Rettore Rockopera a che punto sta?
"Era una bellissima idea, purtroppo ormai tramontata. Avevo pensato già al cast e ad Andy dei Bluvertigo per dare voce alla mia coscienza. Usare le mie canzoni per un progetto teatrale, in effetti, mi piacerebbe molto".