Mercoledì 26 Giugno 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

Donald Sutherland morto. Il volto affascinante e inquieto tra Hollywood e Fellini

Non bello, ma con molto carattere, l’attore canadese ha finito per interpretare quasi duecento film, dai primi anni ’60 fino ai giorni nostri

Roma, 20 giugno 2024 – Affascinante e ambiguo, rassicurante o inquietante.Donald Sutherland, scomparso ad 88 anni dopo una lunga malattia, è riuscito in una carriera lunghissima ad interpretare i ruoli più diversi. Cattivo, cinico, o anche tenerissimo come in “Ella & John”, uno dei film più recenti di Paolo Virzì. Aveva ricevuto nel 2018 un Oscar onorario alla carriera, e aveva la sua stella sulla Walk of Fame. Aveva lavorato molto anche col cinema italiano, oltre che con quello internazionale: con Federico Fellini in “Casanova”, con Bernardo Bertolucci in “Novecento”, fino a Renzo Martinelli in “Piazza delle cinque lune”. Un volto allungato, lo sguardo azzurrino, quasi trasparente. Il sorriso sempre un po’ beffardo, quasi sempre una barbetta educata ad incorniciargli il viso.

FILES-US-CANADA-ENTERTAINMENT-FILM-SUTHERLAND
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Da ragazzo, in Canada dove era cresciuto, una volta chiese a sua madre se fosse bello, per sentirsi dire “no, ma il tuo volto ha molto carattere”. Non bello, ma con molto carattere, Donald Sutherland ha finito per interpretare quasi duecento film, dai primi anni ’60 fino a ieri. Robert Altman gli ha dato uno dei suoi primi grandi ruoli in “M*A*S*H”, Oliver Stone lo ha voluto per “JFK”. Tutte le volte, ha detto Sutherland, “Lavorare con quei registi è stato come innamorarsi. Ero il loro amante, il loro amato”.

Uno dei primi film con il quale si affaccia all’attenzione internazionale “Quella sporca dozzina” di Robert Aldrich, del 1967, ambientato durante la Seconda guerra mondiale. Come nelle migliori leggende, nacque tutto quasi per caso. La defezione di un attore, e “Ehi! Tu con le orecchie grandi! Fallo tu quel ruolo”, gli gridò il regista. Da allora ha lavorato senza sosta: da “Una squillo per l’ispettore Klute”del 1971, in cui è un poliziotto che incontra una prostituta interpretata da Jane Fonda - con la quale, fuori dal set, iniziò una relazione durata tre anni – fino alla fine. Interpreta un fascista in “Novecento”di Bernardo Bertolucci, è Lothario nel “Casanova” di Federico Fellini, del 1976. Ma accompagna anche il debutto alla regia di Robert Redford in “Ordinary People” del 1980, e fa parte dello scatenato cast di “Animal House” del 1978, di John Landis. Di Fellini parlerà sempre con accenti commossi ed entusiasti: “Lavorare per Fellini è stata la migliore esperienza della mia vita. Per un attore, non c’è nessuno come lui. Più di chiunque altro al mondo, ti sottometti a Fellini. Lui è il maestro, e tu vai a servire”. Era nato il 17 luglio 1935, a Saint John, una cittadina costiera del Canada. La sua adolescenza è costellata da problemi di salute, tra cui attacchi di poliomielite, che lo lasciano con una gamba più corta dell’altra. La salute non lo assisterà neanche in seguito: nel 1970, si ammala di meningite spinale, rischiando la vita. Gli studi li finisce all’Università di Toronto, in Letteratura Inglese. Ma subito dopo, il demone della recitazione, lo porta a Londra, all’Accademia di Arte Drammatica. Poi le compagnie itineranti nei teatri inglesi, la televisione britannica, e infine il cinema. Uno dei suoi primissimi film è “Il castello dei morti vivi” del 1974, con Christopher Lee e Philippe Leroy, diretto dall’italo americano Warren Kiefer, ovvero Lorenzo Sabbatini. Curiosamente Donald Sutherland si ricordò di quel regista nel momento di battezzare il proprio figlio, che si chiama Kiefer Sutherland, attore e musicista. È stato lui ieri a comunicare la morte del padre.