Sabato 22 Febbraio 2025
Beatrice Bertuccioli
Magazine

Le mille vite (e il coraggio) di Rostagno. Saviano firma il doc

Con ‘L’uomo che voleva cambiare il mondo’ lo scrittore conduce alla riscoperta della vita di un uomo – ucciso a 46 anni dalla mafia – capace di reinventarsi più volte. “Il suo giornalismo, oggi, sarebbe possibile solo sui social”

Mauro Rostagno (Torino, 6 marzo 1942 – Lenzi di Valderice, 26 settembre 1988)

Mauro Rostagno (Torino, 6 marzo 1942 – Lenzi di Valderice, 26 settembre 1988)

Roma, 22 febbraio 2025 – Né una vittima né un eroe. Maddalena, la figlia di Mauro Rostagno, ucciso a 46 anni dalla mafia il 26 settembre 1988, non vuole che la figura di suo padre venga presentata in tale modo. Evita di incasellarlo in queste due categorie Mauro Rostagno – L’uomo che voleva cambiare il mondo, il documentario in cui Roberto Saviano conduce alla riscoperta della vita, o meglio delle tante vite di un uomo capace di reinventarsi più volte. Ricco anche di molto materiale di repertorio e delle toccanti testimonianze della compagna Chicca Roveri, della sorella Carla Rostagno, delle figlie Monica e Maddalena e di vari amici tra cui Enrico Deaglio e Marco Boato, il documentario, firmato dal regista Giovanni Troilo, sarà disponibile dal 26 febbraio su Sky Documentaries e in streaming su Now, dopo un’anteprima il 24 febbraio a Torino, città dove Rostagno era nato.

Il documentario è in parte tratto dal libro della figlia Maddalena, Il suono di una sola mano – Storia di mio padre Mauro Rostagno. Che dice: “Penso che sia finalmente uno strumento adeguato per poter veicolare la sua figura a chi non lo ricorda più e alle nuove generazioni. Per me è fondamentale poter consegnare questo lavoro a mio figlio. Mio padre non era il migliore di tutti, il più bravo di tutti, però la sua vita merita di essere raccontata. Non solo per quello che ha rappresentato ma perché, in un momento così di appiattimento, di disaffezione, può stimolare una presa di coscienza da parte dei giovani, una loro voglia di reagire. Può essere d’esempio nella sua passione per gli altri”.

In qualche modo anche uno spaccato di vent’anni di società italiana, dal 1968 al 1988, il documentario ricorda le tante diverse esperienze di Rostagno: da studente di Sociologia a Trento a militante di Lotta Continua, da arancione in India a fondatore della comunità di recupero per tossicodipendenti, Saman, a Lenzi, in provincia di Trapani, dove diventa anche giornalista in una piccola televisione locale, Rtc, denuncia collusioni tra mafia e politica locale e si afferma come il più seguito dei giornalisti in quell’angolo di Sicilia negli anni Ottanta, “solo quarta al momento – sottolineava ironico – nel numero di morti per mafia, ma mancano ancora alcuni mesi alla fine dell’anno e può quindi risalire nella classifica”.

Lui scherza ma la mafia no. Passeranno poi trentadue anni prima che una sentenza della Cassazione confermi che a ucciderlo è stata la mafia: trentadue anni di indagini inadeguate, di prove inquinate, di depistaggi che portano perfino all’assurdo arresto della compagna Chicca, accusata di complicità con gli assassini.

Spiega Saviano: “Ogni volta che ci siamo imbattuti in una trasformazione di Rostagno, abbiamo cercato una singola parola per ricordarla: ama, scherza, appassionati, lasciati attraversare. Metamorfosi che non vanno a smontare la scelta precedente. Lui somma vita a vita”. Un incontro, questo con Rostagno, che per l’autore di Gomorra, da anni sotto scorta, ha significato imparare alcune cose. “Ho imparato l’infinita bellezza della trasformazione, il coraggio di fregarsene del giudizio degli altri, perfino il coraggio dell’errore. E mi sono reso conto che – sottolinea Saviano – grazie al suo approccio moderno, sarebbe stato capito benissimo oggi dalle nuove generazioni”.

Un modo di fare giornalismo, quello di Rostagno, che secondo Saviano “oggi, controllata com’è l’informazione, sarebbe impossibile se non sui social”. E aggiunge: “Lui raccontava quello che gli altri non raccontavano. L’esatto contrario di quello che avviene oggi, visto che in redazione ti dicono: occupati della notizia del giorno, ovvero di quello di cui si occupano tutti. E questo impedisce all’informazione di crescere”. Ricorda ancora che, sebbene protagonista di così tante esperienze, Rostagno non ha mai scritto un libro. E osserva: “La sua è una lezione socratica: si passeggia, si incontra, si sperimenta. Non puoi fermarti a scrivere. La vita o la si vive o la si scrive. Rostagno ha scelto di viverla”.