Antonio
Patuelli
Molte sono state le iniziative culturali, non solo in Italia, in preparazione del settimo centenario della morte di Dante, celebrata a settembre di un anno fa: quella ricorrenza ha stimolato anche ulteriori riflessioni e studi che continuano a svilupparsi. Ora l’autorevole giurista fiorentino Giuseppe Morbidelli ha pubblicato un originale saggio sul La dimensione giuridica in Dante Alighieri (Mucchi editore), dove si rileva che il diritto e la giustizia sono i principali oggetti delle narrazioni dantesche anche nella Divina Commedia, che è tutta ordinata da regole.
Il Poeta ha utilizzato i precetti evangelici, ma anche il diritto romano classico, facendo riferimento agli studi bolognesi di Accursio, il diritto medioevale e anche quello canonico dell’epoca, in un quadro di raffinata cultura teologica, ma Dante ha pure inserito nei suoi scritti molti aspetti fortemente innovativi e principi ancora molto attuali.
Infatti Morbidelli nota che in Dante è continuamente ribadito il convincimento che la pacifica convivenza, il non sopruso e la libertà richiedono regole giuridiche che disciplinino le varie istituzioni e i rapporti con e fra gli individui che le compongono.
Per il filosofo e giurista austriaco Hans Kelsen, Dante fu anche un giurista, uno studioso di diritto pubblico, utilizzando sia le esperienze che ebbe nel governo di Firenze, sia per le sue successive traversie giudiziarie. L’ideale del Poeta era quello di assicurare pace e giustizia in terra attraverso il diritto e la giustizia, combattendo le forme di potere non limitate dal diritto e le ingiustizie che dominano il mondo.
Non a caso Dante, nel suo Paradiso, colloca Giustiniano, l’imperatore romano d’Oriente che promosse la codificazione del diritto romano classico, sfrondando il “troppo e il vano”.
Il Poeta era, infatti, critico verso l’eccesso di produzioni legislative, la capziosità e le continue modifiche normative che attentano alla stabilità del diritto, come quando, nel Purgatorio, critica i “tanto sottili provvedimenti, c’ha mezzo novembre, non giugne quel ch tu d’ottobre fili”.
Nel suo Purgatorio Dante, infatti, critica radicalmente le realtà terrene dove prevalgono il disordine e l’odio fra le fazioni. Per il Poeta lo spregio delle leggi favorisce l’insorgere di regimi tirannici che favoriscono l’ulteriore decadimento morale, mentre la libertà è la condizione di base perché il genere umano si trovi nel suo stato migliore: assai celebri sono i versi del Purgatorio su Catone Uticense: “Libertà va cercando, ch’è si cara, come sa chi per lei vita rifiuta”.
Per Dante, sottolinea Morbidelli, la libertà è proiezione nell’individuo della giustizia e dunque del diritto: la libertà dall’oppressione e dalle ingiustizie è insieme un valore per la comunità e per i singoli individui.