Lunedì 19 Agosto 2024
GIOVANNI
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Dal ballo del Gattopardo al mito: "Tancredi ora danza con le stelle"

Il film di Visconti lo consacrò. Il messaggio di Claudia Cardinale firmato “Per sempre tua, Angelica“ .

Alain Delon e Claudia Cardinale nel film di Luchino Visconti Il Gattopardo

Alain Delon e Claudia Cardinale nel film di Luchino Visconti Il Gattopardo

Bogani

Claudia Cardinale ha affidato il suo ricordo di Alain Delon a poche frasi scolpite nel dolore, e nel ricordo del film che ha cambiato, per sempre, i loro destini. "Il ballo è finito. Tancredi è andato a ballare con le stelle. Per sempre tua, Angelica".

Angelica. Claudia Cardinale si è firmata col nome del suo personaggio nel film di Luchino Visconti Il Gattopardo. E ha chiamato Delon col nome del personaggio che Delon interpretava. E quando parla del ballo, parla della scena più famosa del film, la più grandiosa. Una scena che si è scolpita nella memoria del cinema.

Dura 44 minuti, quella scena. Un’eternità, nel tempo differente che viviamo al cinema. Ma sono minuti che raccontano, che parlano al di là delle parole. A dire il vero, in quella scena Alain Delon non balla. È Burt Lancaster a ballare con Claudia Cardinale. E sono belli, talmente belli che tutti intorno sembrano fermarsi.

L’anziano don Fabrizio e la giovane, nerissima Claudia Cardinale. Alain Delon li può solo guardare. Ma durante quel ballo si consuma la fine del vecchio patriarca, di don Fabrizio. Il quale sente il proprio desiderio, ma sente anche l’incombere degli anni, sente che il mondo che dominava adesso non è più suo, proprio come quella donna che appartiene a suo nipote.

Alla fine del ballo, Claudia Cardinale torna dal suo Tancredi, da Alain Delon, e il vecchio don Fabrizio esce di scena, dice "Ho bisogno d’aria" e scompare. Tramonta, come scrive Francesco Piccolo nel suo libro La bella confusione, che racconta proprio la genesi del Gattopardo. Si allontana dal ballo, sta tramontando, è tramontato.

Quel film segnò invece lo zenit, lo sfolgorio massimo dell’astro Alain Delon. Celebrato e consacrato proprio da autori italiani, più ancora che dai registi francesi. Luchino Visconti, prima di tutti. Che tre anni prima di vestirlo con la divisa militare nel Gattopardo, gli aveva dato una canottiera e due guantoni di pugile in Rocco e i suoi fratelli. Era lui Rocco, pugile del Sud italiano venuto a Milano a patire, fra palestre deprimenti e storie di amori, coltelli, omicidi, ferite della carne e dell’anima.

Chissà come potremmo raccontare la carriera di Alain Delon, in sintesi brevissima. Forse con un montaggio di baci, come nell’ultima sequenza di Nuovo cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. Lì, erano i baci tagliati dal prete di paese nei film proiettati alla gente. Ma noi potremmo ripercorrere tutti i baci dati da quel giovanotto sfrontato, con il ciuffo e l’aria sempre indispettita.

I baci che si scambiano Delon e Romy Schneider in Christine, il film che nel 1958 li vide innamorarsi. Lei deliziosa, giovanissima, non parlava ancora una parola di francese, e lui non una sola parola di tedesco. Si amarono ridendo, senza parole, per i primi mesi. Nel 1962, i baci che dà a Monica Vitti ne L’eclisse di Michelangelo Antonioni, versione esistenzialista di film erotico da nouvelle vague. Monica Vitti mai così bella, e così capace di ridere.

I baci dati a Romy Schneider – ma nella vita non si amavano già più – ne La piscina di Jacques Deray, anno 1969. E nel 1972 i baci dati a Sonia Petrova, in La prima notte di quiete di Valerio Zurlini, in cui interpretava un professore di liceo anticonformista, sempre avvolto in un cappotto di cammello beige, grande come una solitudine. Quella solitudine che Alain Delon ha sempre dato l’impressione di portarsi addosso, come una condizione naturale, nonostante i tanti baci, i tanti film, le tante donne, i tanti successi.