di Letizia Cini
C’era una volta il maschio. Essere mitologico lontano mille anni luce dai contenuti del ddl Zan, incapace anche solo di immaginare l’esistenza di una ceretta per lui, figuriamoci di uno spot dedicato a qualcosa capace di estirpare lo stereotipo stesso della mascolinità dal suo petto.
È passata moltissima acqua sotto i ponti da quando Gli uomini avevano la coda e la figura maschile ha subito ben più di una trasformazione: dalla bandana di Rambo ai nude look di Achille Lauro è stato un attimo.
"L’uomo di oggi è in crisi, una crisi che parte da un profondo disagio esistenziale", spiega Arianna Angelelli, curatrice con Claudio Crescentini della mostra Ciao Maschio. Volto, potere e identità dell’uomo contemporaneo al via oggi - fino al 14 novembre - alla Galleria d’arte moderna di Roma.
Dottoressa, se le donne, almeno a partire dal ‘68, le abbiamo (e si sono) raccontate da molti punti vista, altrettanto non si può dire degli uomini in quanto tali: questa la novità?
"L’obiettivo era proprio verificare il cambiamento, nonostante tutto, del ruolo dell’uomo nella società e descrivere l’influenza che questo cambiamento ha avuto sulle arti. In particolare dalla seconda metà degli anni ’60 fino al presente periodo post-ideologico, nel quasi totale assorbimento di una nuova ridefinizione dei ruoli".
Perché questo titolo preso in prestito dal film cult diretto nel ‘78 da Marco Ferreri?
"Per documentare le trasformazioni dell’immagine stessa della figura maschile e della sua evoluzione nei secoli non si può non passare dal cinema. Ciao Maschio è da intendere per il suo valore di addio, abbandono, superamento di un modo di essere, di pensare e di rappresentare l’uomo, proprio come ha insegnato Ferreri con il suo personaggio che subisce violenza sessuale da una femminista, ad esempio, metafora della violenza che nei secoli l’uomo ha “fatto subire” alle donne. Un film che racchiude, quasi in maniera profetica, l’immagine dell’uomo contemporaneo, ritenuto quasi come un congegno di esplorazione della stessa decadenza maschile".
Decadenza rappresentata attraverso oltre 100 opere tra dipinti, sculture, grafica, fotografia, film d’arte e sperimentali, video e installazioni, di cui molte mai esposte prima.
"Sì, decadenza con un concetto di esaltazione dell’idea stessa di involuzione, senza trascurare la “mascolinità tossica”, stereotipo della virilità come fattore dominante e di dominio, ma che in parte sta già cambiando, si sta già modificando, anche nel più lento livello legislativo, per un rapporto con il mondo delle donne sempre più complesso che ritroviamo nelle stesse sequenzeconcetti messe in atto dalle opere in mostra".
Cinque sezioni che spaziano dall’identità maschile, al culto del corpo e l’etica dello sport, gli uomini visti dalle donne: qualche allusione?
"No, la voglia di mescolarsi allontanandosi dalle derive dello stereotipo occidentale. È proprio una donna, Agnese De Donato, a dare con Chi era costui? una lettura fotografica ambigua del maschio italiano. L’intento è focalizzare aspetti, a volte mai indagati, del maschile tramite le sfaccettature della sua rappresentazione, presentando anche la natura articolata, multiforme e a volte enigmatica, altre volte ambigua, della costruzione e della rappresentazione della mascolinità. In special modo di quella di tipo patriarcale, così da porla sotto osservazione rispetto ai cambiamenti della società e, più in generale, della modernità".
Volto del potere offre una sorprendente galleria di ritratti.
"Abbiamo messo insieme Krusciov, Kennedy, Obama e Ho Chi Min; in Volto del terrore i principali dittatori del Novecento: Hitler, Mussolini, Stalin. Comtemporaneità e storia. L’immaginario mascolino dettato dall’arte diventa uno dei riflessi dei vari, possibili atteggiamenti evolutivi della realtà sociale, con la messa in gioco della rinegoziazione dei ruoli, dell’identità e dei meccanismi del desiderio".