Un libro prezioso: tre racconti e due testi teatrali dello scrittore russo Michail Jur’evič Lermontov, origini scozzesi (Learmonth), nato a Mosca nel 1814 e morto in duello nel 1841, dunque a 27 anni, età tristemente mitica (Janis Joplin, Jimi Hendrix, Brian Jones, Amy Winehouse, per citarne alcuni). La raccolta si intitola La Principessa Ligovskaja, e contiene i racconti: La Principessa Ligovskaja, Vadim (questi due rigorosamente incompiuti), Ascik-Kerib (la storia leggendaria di un musico turco assai povero e del suo sogno d’amore), e i testi per teatro, Menschen und Leidenschaften (Persone e passioni), e Due fratelli.
Le prime edizioni italiane della fine degli anni Quaranta sono dell’editore Gherardo Casini, che continua a pubblicarlo fino agli anni Sessanta, poi i primi anni Ottanta viene ripreso da Edipem edizioni e successivamente dalla De Agostini, nella famosa collana “Capolavori della narrativa”. Poi va fuori catalogo. Misteri dell’editoria. Solo due parole su questo libro, assai poco conosciuto, a differenza del suo unico romanzo, Un eroe del nostro tempo (un titolo che per altro verrà usato, per omaggio, anche da Vasco Pratolini per un proprio romanzo).
Avvenuto molti e molti anni fa, il mio incontro con questo scrittore (per merito di Dostoevskij, che lo considerava uno dei suoi maestri), è stato una sorta di “collisione” letteraria. Lermontov mi ha cambiato, e ha cambiato la mia scrittura, nel senso che è riuscito a scovare dentro di me qualcosa che dormiva, facendomi scoprire possibilità nuove, come mi era successo con la lettura degli altri grandi scrittori russi. La sua prosa unisce romanticismo e crudo realismo, è capace di dolcezza e di cupa perfidia, di candore e di ironia, creando contrasti che non lasciano in pace il lettore, trascinandolo lungo le pagine.
Vadim, soprattutto, mi ha folgorato. Lermontov scrisse questo racconto (o forse doveva essere un romanzo?) quando aveva più o meno diciassette anni. La vicenda si svolge in un villaggio e nei suoi paraggi ai tempi della rivolta di Pugacev, intorno al 1774. L’animo umano nasconde grandi sorprese: il destino del deforme Vadim è stato segnato da una piccola e banale rivalità tra due amici, uno dei quali era suo padre, e ha scatenano conseguenze tragiche. Momenti di struggente tenerezza, si infrangono contro gli scogli del rancore e dell’amarezza. Per finire: il villaggio della Russia centrale, Tarchany, nella provincia di Penza, dove Lermontov visse con sua nonna dopo la morte della madre, dal 1956 porta il suo nome.