Mercoledì 15 Gennaio 2025
BEATRICE BERTUCCIOLI
Magazine

Cortellesi regista nell’Italia del ’46: "Racconto le donne ignorate da tutti"

La Festa del Cinema di Roma apre con il debutto dell’attrice (anche) dietro la macchina da presa

È nata una regista. L’ha tenuta a battesimo la Festa del Cinema di Roma inaugurando ieri la diciottesima edizione con la sua opera prima. C’è ancora domani, in concorso alla manifestazione e dal 26 ottobre nelle sale, è il film con cui Paola Cortellesi, una delle attrici più amate ed eclettiche del momento, sceneggiatrice con molti copioni all’attivo, rivela anche il suo talento di regista. E lo fa raccontando la storia di Delia (da lei interpretata), che vive in un seminterrato di un quartiere popolare con i tre figli, il marito violento e il suocero burbero e arrogante. Siamo nella Roma dell’immediato dopoguerra, con i soldati americani ancora in città, e Delia accetta tutto, compresi ceffoni e umiliazioni dal marito. Ma qualcosa sta cambiando nella società, e anche dentro di lei. Con questo bel film in bianco e nero, Paola Cortellesi (che firma anche la sceneggiatura insieme a Giulia Calenda e Furio Andreotti) diverte e commuove. Accanto a lei, Valerio Mastandrea, Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni, Emanuela Fanelli.

Cortellesi, come mai proprio questa storia per il suo primo film da regista?

"Avevo voglia di raccontare la vita di quelle donne che nessuno ha mai celebrato. Avevo in testa l’immagine di una donna che prende un ceffone sulla faccia e poi inizia a fare le faccende quotidiane come una povera Cenerentola, senza rendersi conto della sua condizione. Donne di cui mi parlavano le mie nonne e bisnonne, che hanno costruito il tessuto sociale del nostro paese ma sono sempre state considerate delle nullità. Non si rendevano nemmeno conto della discriminazione che subivano, perché gli era stato insegnato che non contavano niente".

Una storia dal fondo amaro ma con la quale riesce anche a far ridere.

"Come in Scusate se esisto o nel film Come un gatto in tangenziale, c’è una base drammatica ma poi si ride. Quello della commedia è l’unico linguaggio che conosco. E del resto anche le mie nonne mi raccontavano queste storie incredibilmente drammatiche (e adesso che ci ripenso, ma perché dovevano raccontare queste cose orribili a una ragazzina?) ma lo facevano con un tono scanzonato, con la voglia anche di sorridere. E così abbiamo scelto di raccontarle anche noi".

Vediamo Delia prendere molti ceffoni dal marito ma nella scena in cui la picchia più duramente, assistiamo a una sorta di balletto.

"Sebbene il film sia molto realistico, non mi piaceva rendere con eccessivo realismo la violenza. Volevo raccontarla come un rituale. Perché la cosa accade, ma lei se la lascia alle spalle, come niente fosse. E credo che questo ‘come niente fosse’, sia la cosa più terribile".

La storia di Delia che subisce violenza dal marito, che viene pagata meno per il suo lavoro in quanto donna, rimanda a realtà di oggi.

"Non c’è nulla di casuale nei rimandi al mondo contemporaneo. Abbiamo sbobinato gli atti processuali dei femminicidi e verificato come la dinamica sia sempre la stessa: svilire una persona per poi farle terra bruciata intorno, isolarla. Accadeva allora, accade oggi. È una dinamica che purtroppo resiste, come resiste il divario retributivo. I passi sono stati fatti, le leggi sono state varate ma nella realtà il divario rimane".

Queste discriminazioni ci sono anche nel mondo del cinema?

"Sì, ci sono. Anni fa, quando già facevo questo mestiere da un bel po’, ho sentito un commento sul mio contratto. Dicevano, ‘beh, non male, anzi ottimo, per essere una donna…’ È una cosa che non ho mai più voluto sentire: ‘per essere una donna’. Ma è un dato di fatto. Su quanto ho personalmente vissuto, ne ho fatto un film, Scusate se esisto. Nasceva da quello che mi capitava quando ero al tavolo come autrice insieme ad altri autori, due uomini, Furio Andreotti e Sergio Conforti: quando io facevo una proposta, guardavano loro, mai me. Ero invisibile. Con Furio ancora ne ridiamo ma era agghiacciante".

Com’è stato fare la regia?

"È stato bellissimo. Una crescita, non perché sia un lavoro più importante di un altro, ma perché ti obbliga a stare dietro a tante cose, ad avere una visione più ampia della storia che si vuole raccontare. Mi piacerebbe continuare e, non dico ‘sarebbe’, ma ‘sarà’ bellissimo".