Londra, 4 maggio 2020 - La cosiddetta fase 2 non è uguale per tutti: ci sono ancora numerose realtà che subiscono il completo lockdown causato dalla pandemia di Coronavirus, ad esempio le sale teatrali. Una delle voci più autorevoli, in questo senso, è quella di Sir Cameron Mackintosh, londinese classe 1946 e considerato uno dei produttori teatrali più importanti del mondo grazie ai suoi allestimenti di musical come 'I miserabili', 'Il fantasma dell'Opera', 'Cats', 'Mary Poppins' e 'Hamilton'. Proprio Mackintosh ha fatto il punto della situazione su Covid-19 e ha detto che, se le cose non cambiano, "i teatri resteranno chiusi fino all'anno prossimo": una prospettiva funesta che rischia di riguardare anche le realtà italiane.
Teatri e distanziamento sociale
Il punto centrale è la questione del distanziamento sociale, per gli spettatori come per i lavoratori e gli artisti in scena: i teatri non sono stati costruiti per garantire almeno un metro di distanza e in alcuni casi, vedi ad esempio gli spazi dietro il palcoscenico, è praticamente impossibile escogitare soluzioni efficaci senza compromettere la riuscita di uno spettacolo. Parlando ai microfoni di BBC Ragio 2, Sir Cameron Mackintosh ha detto che "i maggiori produttori teatrali hanno ben chiaro un concetto: non possiamo pianificare una riapertura fino a quando dovrà essere rispettato il distanziamento sociale. Se questa norma non potrà essere abbandonata nel giro di poche settimane, allora penso che non potremo riaprire fino all'inizio dell'anno prossimo".
I monologhi come rete di salvataggio?
Mackintosh parla ovviamente da produttore di spettacoli maestosi, con decine di artisti e musicisti in scena e decine di scenografi, tecnici e quant'altro dietro le quinte. Show di questo tipo necessitano di tempo e prove per essere allestiti ed effettivamente non è possibile realizzarli rispettando le distanze minime interpersonali. Senza considerare poi la questione del pubblico, che deve riempire le sale nel corso di mesi e mesi per consentire a una produzione così onerosa di non andare in perdita. Se dunque la prospettiva di Mackintosh è poco rosea, questo non significa la chiusura totale per le sale teatrali. In Italia, ad esempio, c'è chi ragiona su ipotesi alternative. Pochi giorni fa Filippo Fonsatti, direttore del Teatro Stabile di Torino, ipotizzava il ricorso ai monologhi come a una possibile rete di salvataggio. Parlando con il quotidiano La Stampa notava che "abbiamo tanti maestri in questo settore, da Lella Costa a Marco Paolini, da Baliani al Malosti di 'Se questo è un uomo', tanto per citare".
Aiuti governativi
Resta però il fatto, e lo sottolinea pure Fonsatti, che tenere gli spettatori distanziati implica almeno dimezzare il pubblico in platea e "impegnare più personale per la logistica: economicamente non converrebbe". Rete di salvataggio, insomma, che - esattamente come ha fatto notare Sir Cameron Mackintosh - non cancella la sempre più evidente necessità di un piano di salvataggio governativo. Come metterlo in campo è questione delicata, che ad esempio chiama in causa anche le sale cinematografiche e quelle da concerto, ma la consapevolezza del problema è un inizio.