New York, 30 giugno 2020 - La Broadway League, cioè l'associazione di categoria che rappresenta i teatri di New York City, ha annunciato che a causa della pandemia da Coronavirus non ci saranno spettacoli per il resto dell'anno: se sarà possibile, le porte riapriranno solamente nel 2021. Si tratta di una decisione inevitabile ma sofferta, che causa enormi danni economici per il settore e che riverbera la situazione che sta attraversando il mondo del teatro in altre parti del mondo, Italia compresa.
Teatri, Coronavirus e salute pubblica
Il nodo centrale della questione era già stato sollevato da Sir Cameron Mackintosh, il più importante produttore teatrale britannico, re dei musical londinesi: a inizio maggio aveva espresso il timore che i teatri fossero costretti alla chiusura fino ai primi mesi dell'anno prossimo, perché è impossibile garantire la salute di centinaia di spettatori in sala e di decine di artisti, musicisti e tecnici impegnati sul palco e dietro le quinte. Partendo da questa considerazione, Mackintosh chiedeva che il governo destinasse fondi straordinari al sostentamento di un settore pesantemente danneggiato dal Coronavirus, un appello che lunedì 29 maggio è stato ripreso anche dall'attrice Helen Mirren, una colonna del teatro e del cinema inglesi.
A rischio quasi 97mila posti di lavoro
Ora giunge la decisione della Broadway League. Con le parole di Thomas Schumacher, presidente del consiglio d'amministrazione: "La salute del cast, della troupe, dell'orchestra e del pubblico è la nostra massima priorità e non vediamo l'ora di tornare in scena, ma lo faremo solo quando potrà essere fatto in sicurezza". Dunque porte chiuse fino all'inizio del 2021, una scelta che avrà enormi conseguenze economiche: secondo i dati della Broadway League, le sale teatrali newyorkesi danno lavoro a quasi 97mila persone e la stagione 2018-2019 ha contribuito all'economia cittadina con ben 14,7 miliardi di dollari. Al momento la chiusura è programmata fino all'inizio di gennaio 2021, ma va da sé che le incertezze legate allo sviluppo della pandemia sono ancora grandi e non è affatto scontato che l'anno nuovo possa ricominciare come se nulla fosse. Thomas Schumacher è però ottimista e aggiunge: "Una cosa è certa: quando torneremo saremo più forti e indispensabili che mai".
L'obiettivo è restare a galla
La situazione dei teatri newyorkesi, londinesi e anche nostrani è simile a quella di molte altre realtà produttive danneggiate dalla pandemia: è chiaro che nei prossimi mesi si punta a non fallire, nella speranza che le cose possano tornare a una nuova normalità. Ma ogni settimana che passa la situazione diventa più difficile e le prospettive si fanno meno rosee. Nel frattempo c'è chi, come il direttore Teatro Stabile di Torino, Filippo Fonsatti, ipotizza già da tempo iniziative emergenziali. Ad esempio puntare sulla grande tradizione dei monologhi: a inizio maggio diceva che "abbiamo tanti maestri in questo settore, da Lella Costa a Marco Paolini, da Baliani al Malosti di 'Se questo è un uomo', tanto per citare". Nulla che possa fare ripartire alla grande il settore, ma forse un'iniezione di energia che, dopo la pausa estiva, possa dare fiato al teatro, in attesa di tempi migliori.