Martedì 26 Novembre 2024
CESARE SUGHI
Magazine

COME NEI SOGNI SU NAPOLI E NEW YORK LA LUNA ROSSA NON CALA MAI

Migration

di Cesare Sughi

Nella playlist di 52 brani, ascoltabile su Spotify, che accompagna La luna rossa, le 240 pagine del romanzo d’esordio di Lorenzo Sassoli de Bianchi, fa la parte del leone. Apre la scaletta con San Diego Serenade e la chiude con Anywhere I Lay My Head di dieci anni più tardi, 1985. In mezzo, tra‘Caruso di Dalla, A me me piace ‘o blues di Pino Daniele e Anima e core dipinta da Roberto Murolo, si intreccia un’altra dozzina di ballate del genio californiano di origini scozzesi. Non c’è da stupirsi, Waits è presente nell’epigrafe del libro, e Sassoli non ha mai fatto mistero del suo ruolo centrale nel racconto. È il guru buono, l’anima che verso il capitolo 30 si metterà disposizione del ‘chitarrista esoterico’ Jerry Romano, padre di Nino, musicista di trattoria anche lui. "Dopo tutta quella musica imbizzarrita Jerry Romano tornava a casa stremato ma felice, andava a letto sognando solo una cosa: un duetto con Tom Waits accompagnato da musicisti timidi e silenziosi che non disturbassero il sogno".

E qui, nel tono in calare caro all’autore siamo di fronte a una delle verità assolute di Sassoli: non rinunciare mai ai propri sogni, difenderli per piccoli o grandi che siano. "La musica di Waits – dice – è una sottotraccia, quella che papà Romano ha inseguito per una vita intera. Anche Jerry, come Tom, era un polistrumentista, anche lui pratica la maggior varietà possibile dei generi". Un vincente? No, è la risposta, ma ha la capacità di sfidare anche la solitudine. Lungo il romanzo specie intorno al capitolo trentesimo, c’è la moralità di questo libro, proposta dalla voce arrochita, cartavetrosa, di colui che nel 2011 venne ammesso nella Rock and Roll Hall of Fame: "Si adatta al massimo a quello che intendevo esprimere, soprattuto l’invito di Peter Gabriel a non mollare mai, a non cedere, a sostenere le proprie utopie".

Tom Waits, e anche Michael Stipe dei Rem, che appaiono entrambi nelle pagine finali, sono maestri di vita. Il romanzo si chiude su parole che sanciscono l’utopia trionfante, la necessità di evitare di sfracellarsi contro il muro come un branco di pecore. Senza alzare la voce, senza introdurre risse, con lo strumento dell’ironia vivace e ferma. Ecco le parole cruciali: "Se tutti i conservatori sprofondassero, la società potrebbe anche supporre di non accorgersene, ma se fossero cancellati dalla faccia del pianeta gli utopisti? Sarebbe una castrofe, e precipiterebbe chi non completamente immerso tenesse i piedi ben fermi sulle nuvole".

Nel segno di Tom Waits si richiude anche il tragitto del 41° parallelo che lega le due metropoli, Napoli e New York. Sono paesaggi diversi, la città partenopea è piena degli echi magici che secondo Sassoli caratterizzano la carne napoletana. L a magia, la superstizione, la caccia alla nona nota, non hanno qui niente di folcloristico, ma fotografano un ambiente fortemente popolarizzato". Anche la playlist, introdotta dalla prefazione di Renzo Arbore ("Il libro è una sorprendente colonna sonora letteraria e musicale nella quale sono ancora completamente immerso. Sento, leggendo queste splendide pagine, ancora una volta quella specie di ‘odore’ di Napoli che ho percepito nel mio primo indimenticabile viaggio a New York’) non è orfana di hit come Reginella é Voce ‘e notte. Si segue la memoria, la si cura e la si custodisce. La conclusione la lasciamo a chi non ha ancora letto il volume, dove ‘Luna rossa’ ha sempre l’articolo davanti. Come nei sogni che non finiscono mai e non muoiono all’alba. C’è Waits a sorvegliare.