Mercoledì 21 Agosto 2024
GIOVANNI BOGANI
Cinema e Serie Tv

Paz Vega: "La lotta delle donne non è mai conclusa"

L’attrice spagnola al debutto da regista con “Rita“, presentato a Locarno "Nel mio film, attraverso una bambina, mostro la tossicità di certe famiglie".

Paz Vega: "La lotta delle donne non è mai conclusa"

L’attrice spagnola al debutto da regista con “Rita“, presentato a Locarno "Nel mio film, attraverso una bambina, mostro la tossicità di certe famiglie".

Paz Vega, attrice spagnola che abbiamo amato con Almodovar – in Parla con lei – e in quella deliziosa commedia che è Spanglish, ci ha messo otto anni. Otto anni per riuscire a realizzare il suo film da regista, Rita. Che al fetsival di Locarno ha avuto la sua prima mondiale nella Piazza Grande gremita di cinquemila spettatori.

Rita racconta un inferno familiare, un padre violento, che disprezza la moglie. Un padre che è forse una figura tragica anch’esso, chiuso nella sua insoddisfazione, nei suoi cliché. E una madre, interpretata dalla stessa Vega, che cerca di inghiottire le umiliazioni, il dolore. Ma gli occhi della figlia vedono tutto, capiscono tutto. Tutto il film è visto con gli occhi della bambina, interpretata dalla piccola Sofìa Allepuz. Una scelta registica forte: gli adulti si vedono quasi sempre di spalle, dal basso, come se fossero gli alieni di un mondo a misura di bambino.

Grande emozione, nel pubblico. E grande emozione anche per Paz Vega, quarantottenne nata a Siviglia. "Ho sempre desiderato dirigere un film, in ogni set su cui ho lavorato facevo domande, mi chiedevo ‘come andrebbe messa la telecamera?’. Ho cominciato a scrivere questo copione otto anni fa, e non è stato semplice, no, ma ce l’ho fatta". Rita è ambientato nell’Andalusia del 1984, quando la legge sul divorzio è stata approvata da poco, in Spagna. E ancora non è entrata nella mentalità corrente. Una Spagna in cui il matrimonio può essere ancora una prigione. "Volevo mostrare la tossicità di certe famiglie, ma mostrarla attraverso gli occhi di una bambina. Quando sei bambino, capisci tutto, hai una percezione del mondo enorme. Sono gli adulti che a volte non si accorgono di quanto sia intelligente un bambino".

Insieme al dolore, nel film c’è anche una immensa tenerezza, una sorta di nostalgia per gli anni Ottanta, quelli in cui Paz Vega era davvero bambina. "Nonostante tutto, credo che quei bambini fossero più liberi di quelli di oggi. Giocavano nelle strade, mentre ora sono schiavi dello schermo dello smartphone".

Paz Vega non ha paura di parlare anche del presente: "Trovo incredibile che, dopo tutte le battaglie fatte, adesso la politica – in gran parte d’Europa – proponga una narrazione che vuole di nuovo la donna moglie tradizionale, madre tradizionale. Abbiamo faticato, dopo tanti anni di dittatura in Spagna, per costruire una nuova società più moderna, più libera. E non capisco come mai stiamo tornando indietro. In un momento, per di più, in cui la violenza domestica non accenna a diminuire. Nel mondo occidentale, così come nel resto del mondo".

"Questa divisione dei ruoli così arcaica fa male anche all’uomo – dice – L’uomo che si sente costretto a rispondere a modelli da macho; o quell’idea che, se porta i soldi a casa e se vuole bene ai suoi figli, allora ha già fatto il suo dovere. E rispettare la donna con cui vive non sembra così importante". Paz Vega da anni è impegnata con associazioni che combattono la violenza domestica. "È qualche cosa che mi preme moltissimo, come donna e come essere umano". Questo autunno uscirà un suo film documentario, El bunker violeta, su una casa di accoglienza per donne che hanno subito abusi. "È una casa di accoglienza grazie alla quale settecento donne hanno potuto ricostruire la propria vita, donne che subivano violenza in casa e non sapevano dove andare e che cosa fare: e adesso questo rifugio rischia di chiudere, perché sono stati chiusi i finanziamenti pubblici. Mi auguro che il mio film sia anche una piccola goccia nel mare, ma possa essere utile a salvarla".

Le diciamo, infine, che in Italia un film su una donna che subisce violenza domestica, che viene umiliata e vessata dal marito, è uscito l’anno scorso, ed è diventato un fenomeno popolare. Paz sgrana gli occhi, e si segna sul cellulare “C’è ancora domani, Paola Cortellesi“.