Se parliamo dell'universo cinematografico dei supereroi Marvel, una delle caratteristiche più evidenti è il massiccio ricorso agli effetti speciali visivi. Che sia una serie TV oppure un film, i ritocchi digitali sono essenziali e hanno anche settato uno standard molto elevato: il rovescio della medaglia è che questa eccellenza viene ottenuta con metodi di lavoro che rasentano il "bullismo". Una parola espressamente utilizzata da chi ha lavorato con Marvel Studios e che sta iniziando a raccontare di un ambiente di lavoro incredibilmente stressante, con orari di lavoro folli, richieste impossibili e compensi nient'affatto all'altezza dell'impegno. Il caso ha iniziato a emergere a inizio luglio. Riguarda in modo particolare le aziende che lavorano per conto di Marvel. Non sono dunque divisioni interne, ma realtà imprenditoriali esterne: forniscono effetti visivi su commissione. Per primi si sono fatti sentire, sui social, alcuni professionisti del settore. Per esempio Dhruv Govil, che ha dato il proprio contributo a film come 'Guardiani della galassia' e 'Spider-Man: Homecoming'. E che ha twittato: "Sono un cliente orribile e ho visto troppi colleghi avere un crollo dopo essere stati oberati di lavoro, mentre Marvel stringeva i cordoni della borsa". E ha aggiunto: "Il punto è che Marvel è troppo grande e può permettersi di chiedere qualunque cosa. È una relazione tossica". Tempo una manciata di settimane e sono comparsi alcuni reportage giornalistici, che hanno approfondito la questione e trovato conferma di quanto sostenuto, fra gli altri, da Govil. Per esempio sono stati pubblicati pezzi sul magazine Vulture e sul quotidiano The Guardian. Alcune testimonianze sono state rese dietro garanzia di anonimato, altre invece dichiarando nomi e cognomi. Su Vulture, un anonimo artista digitale ha raccontato che, in occasione di un film non meglio specificato, ha "lavoravo sette giorni su sette, per almeno 64 ore a settimana. Marvel ti spreme davvero. Ho avuto colleghi che si sono seduti accanto a me, sono crollati e hanno iniziato a piangere. Ho ricevuto telefonate di persone che stavano avendo attacchi di ansia". Molti concordano nel dire che ogni azienda specializzata in effetti digitali sogna di lavorare per Marvel, perché sforna successi mondiali che sono considerati allo stato dell'arte, dal punto di vista tecnico. Da qui una corsa al ribasso dei costi, in modo da poter vincere le gare d'appalto. E una volta ottenuta la vittoria, i costi ribassati producono uno staff troppo ridotto per il carico di lavoro. Con l'aggravante che il cliente è un perfezionista e, a differenza del cliente tipo, richiede cambiamenti in corso d'opera. Magari anche corposi, come per esempio la sostituzione radicale di un'ambientazione. Intervistato dal Guardian, Joe Pavlo (che ha lavorato a 'Guardiani della galassia') ha detto che "la situazione generale potrebbe essere definita come bullismo, con la differenza che avviene attraverso una serie di livelli di management, di supervisori e di rappresentanti di una gerarchia. Non è che un produttore di Disney (che possiede Marvel) ti afferra e ti urla contro, o qualcosa del genere. È più un'atmosfera generale nella quale tutti ritengono che un determinato lavoro sia la cosa più importante del mondo, e che se non la porti a termine sei assolutamente fregato". I ritmi di lavoro stabiliti da Marvel peggiorano la situazione: parliamo di realizzare tre, quattro lungometraggi all'anno e altrettante serie TV. Un impegno produttivo premiato dal pubblico e quindi, con un effetto a catena, non facile da mettere in discussione. In tutto questo, c'è chi ipotizza di radunare tutte le aziende di effetti speciali in una sorta di sindacato, in modo da evitare gare d'appalto al ribasso e allo scopo di imporre standard minimi riguardo le condizioni di lavoro. Al momento, comunque, Marvel Studios e Walt Disney Company non stanno rispondendo alle richieste di chiarimento inoltrate da Vulture e The Guardian.
Cinema e Serie TvMarvel, la protesta dei 'maghi' degli effetti speciali